Ecco le galassie che hanno reionizzato l’universo
Grazie al telescopio spaziale James Webb e all’aiuto dell’ammasso di Pandora, per la prima volta è stato possibile stimare la frazione di luce da esse rilasciata in grado di ionizzare l’universo.
Grazie al telescopio spaziale James Webb e all’aiuto dell’ammasso di Pandora, per la prima volta è stato possibile stimare la frazione di luce da esse rilasciata in grado di ionizzare l’universo.
Nella definizione di abitabilità planetaria rientra la presenza di acqua allo stato liquido, come condizione necessaria per lo sviluppo di un ecosistema vivente. Ma è sufficiente? Sembra di no.
Il nanosatellite LICIACube ha partecipato alla prima missione di difesa planetaria, testimoniando l’impatto della sonda Nasa Dart su Dimorphos, il piccolo satellite dell’asteroide binario Didymos.
A un anno di distanza dalla rivelazione del BOAT, più di 50 articoli sono già stati pubblicati su questo evento eccezionale, che potrebbe rappresentare la Stele di Rosetta dei Gamma-Ray Burst.
Come si passa da semplici bit ai dati scientifici della missione? Scopriamolo con una descrizione dettagliata del segmento di terra scientifico della missione Euclid e dei suoi due strumenti, Vis e Nisp.
Quali sono i processi fisici che regolano la formazione e l’evoluzione delle galassie e dei nuclei galattici attivi? Qual è la struttura dell’universo su larga scala e a diverse epoche cosmiche? Qual è la natura della materia e dell’energia oscura e come si comporta la gravità su scale cosmologiche? Queste sono solo alcune delle domande alle quali i ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica stanno cercando di rispondere.
Proprio come noi, anche le stelle nascono, evolvono e muoiono, in un ciclo vitale lungo milioni o miliardi di anni. Essendo la nostra vita molto più breve, non riusciamo a goderci interamente lo spettacolo e l’unica cosa che possiamo fare è osservare popolazioni di stelle in diverse fasi della loro vita, per poi costruire un modello che ci permette di riprodurre le proprietà osservate e presumere di aver così compreso l’evoluzione stellare.
Se affacciarsi sull’universo a grande scala ha un fascino quasi magnetico, che ci attira come il vuoto dal ciglio di una montagna, anche il nostro vicinato cosmico non scherza. Proprio perché è vicino, sentiamo di avere il tempo e le capacità per poterlo conoscere nel dettaglio, per afferrare quei particolari che inevitabilmente, quando si va lontano nello spazio e nel tempo, ci scivolano tra le dita.
Cosa succede alla materia in condizioni estreme, quando densità e temperatura raggiungono valori elevatissimi? Come si modifica lo spaziotempo in presenza di oggetti collassati, come stelle di neutroni o buchi neri? Cosa succede quando stelle di neutroni e buchi neri si scontrano? Come vengono accelerati i raggi cosmici e che impatto hanno sulla formazione stellare e sull’evoluzione galattica?
La ricerca tecnologica nell’Inaf è fortemente multidisciplinare e diversificata. La continua evoluzione nel campo dell’astronomia osservativa determina la necessità di costruire strumenti hardware e software sempre più complessi e di sviluppare tecnologie e materiali innovativi. Così come fanno le complesse simulazioni numeriche necessarie in fase di progettazione, analisi e interpretazioni dei risultati osservati.