A caccia di nane brune e pianeti distrutti

A caccia di nane brune e pianeti distrutti

Un progetto a guida Inaf ha ottenuto le immagini dei due ammassi globulari più vicini a noi, scattate dal telescopio spaziale James Webb. Queste osservazioni hanno permesso di sondare gli oggetti più deboli mai osservati negli ammassi stellari: nane bianche e nane brune.

Il telescopio spaziale James Webb (Jwst) delle agenzie spaziali Nasa, Esa e Csa ci ha regalato nuove immagini mozzafiato del nostro vicinato galattico. Un gruppo di ricerca di cui faccio parte, guidato dall’Istituto nazionale di astrofisica, ha sfruttato le enormi potenzialità di Jwst per osservare, per la prima volta nell’infrarosso, l’intera sequenza di raffreddamento delle nane bianche in un vicino ammasso globulare, rivelando un eccesso di emissione infrarossa, potenziale indizio di antichi sistemi planetari distrutti. 

Immagine somma in tre colori dell’ammasso globulare Ngc 6397, studiato con la camera NIRCam al fuoco del James Webb Space Telescope. Crediti: Nasa/Esa/Csa/Jwst/Inaf, L.R. Bedin et al.
OSSERVARE LE NANE BIANCHE

La maggior parte delle stelle, soprattutto quelle di massa simile al Sole (da 8 fino a 0,07-0,08 masse solari), terminano la loro evoluzione come nane bianche, cosa che alla nostra stella madre accadrà fra circa cinque miliardi di anni. Dopo aver esaurito il “combustibile” stellare (idrogeno ed elio), questi oggetti non sono in grado di innescare reazioni termonucleari e collassano sotto il proprio peso, raffreddandosi fino al loro definitivo spegnimento e perdendo lo strato più esterno della loro atmosfera. 

I dati utilizzati nella survey, estrapolati dall’archivio ventennale di Hubble e da recenti osservazioni con il telescopio spaziale Webb, ci hanno permesso non solo di determinare con il loro moto proprio l’appartenenza all’ammasso, ma anche di sondare le proprietà fondamentali delle nane bianche e di cercare indizi della possibile esistenza di antichi sistemi planetari attorno a esse. Le osservazioni in infrarosso delle nane bianche ci hanno permesso di ricavare informazioni preziose sulle proprietà delle loro dense atmosfere di idrogeno. Dai dati si evince, inaspettatamente, un numero sorprendente di nane bianche con un relativo eccesso di emissione infrarossa. I risultati andranno confermati, ma lasciano intendere che queste nane bianche presentano le tracce di antichi sistemi planetari ormai estinti.

VISTO DA HST
Immagine somma in tre colori dell’ammasso globulare Ngc 6397, studiato con la camera ACS/WFC al fuoco di Hubble Space Telescope. Crediti: Nasa/Esa

In diverse nane bianche sono state riscontrate anomalie nella distribuzione spettrale dell’energia. In particolare, gli eccessi di emissione nella banda di radiazione infrarossa possono essere dovuti a compagni di taglia sub-stellare o a residui di sistemi planetari distrutti durante l’evoluzione della stella da nana a gigante (prima di finire la fase di gigante e terminare la sua evoluzione come nana bianca). Accade infatti che, terminato l’idrogeno, il nucleo della stella collassa e si riscalda, mentre gli strati esterni si espandono enormemente, rendendo la stella molto più grande di prima. Talmente grande che il “guscio” della stella può finire per inglobare i pianeti più interni del sistema.

Le osservazioni si riferiscono al vicino ammasso globulare Ngc 6397, un oggetto abbastanza luminoso e visibile anche a occhio nudo in direzione della costellazione dell’Altare, a 7200 anni luce dal Sole. La survey con Jwst – che ho guidato personalmente, insieme ai colleghi –prevede l’osservazione di stelle intrinsecamente deboli e poco luminose, quindi la vicinanza alla sorgente è fondamentale, anche se si utilizza lo strumento operativo nell’infrarosso attualmente più potente in orbita. In questo ammasso abbiamo osservato circa il 20 per cento di nane bianche con questo eccesso infrarosso, mentre nel campo galattico solo poche sorgenti mostrano un tale anomalo alto flusso nell’infrarosso.

Abbiamo in programma una seconda campagna osservativa con la camera/spettrografo Miri del James Webb, uno strumento che – osservando nel medio infrarosso – riesce a caratterizzare l’energia emessa dalle nane bianche con eccesso di infrarosso, discriminando fra la presenza di compagni sub-stellari, dischi di sistemi planetari estinti, residui della fase di gigante rossa. Queste nuove osservazioni che mapperanno lo spettro fra 2 e 20 micron ci permetteranno di risolvere il mistero.

GLI OGGETTI STELLARI PIÙ DEBOLI

Gli ammassi globulari contengono esclusivamente stelle povere di metalli, che rappresentano alcune delle generazioni stellari più antiche dell’universo. L’impronta archeologica dell’evoluzione galattica iniziale può essere conservata nelle proprietà misurabili degli ammassi globulari, come la loro età, le funzioni di massa e le abbondanze chimiche. Fino a poco tempo fa, tutti gli studi fotometrici sugli ammassi globulari erano limitati ai membri stellari. 

M4
Il brillante ammasso globulare visibile nella costellazione dello Scorpione, studiato con la camera NIRCam al fuoco del James Webb Space Telescope. Crediti: Nasa/Esa/Csa/Jwst/ Inaf, L.R. Bedin et al.

Le nane brune sono oggetti che non hanno la massa sufficiente per raggiungere nel loro interno le condizioni di temperatura e pressione necessarie all’innesco del bruciamento dell’idrogeno. Quando questo succede, la stella inizia un periodo di stabilità (la cosiddetta “sequenza principale” del diagramma H-R) la cui durata, così come il suo percorso evolutivo, dipende dalla sua massa. Le nane brune, invece, sono in pratica stelle mancate, poco più grandi in massa di Giove (alcune decine di masse gioviane), il cui destino è un lento e inesorabile raffreddamento che le porterà a perdere la loro residua luminosità, con un ritmo che è essenzialmente dettato da quanta della loro energia primordiale riescono a irradiare attraverso la loro fotosfera.

Ora, grazie all’eccellente sensibilità di Jwst, è possibile estendere questa analisi al regime sub-stellare. Se rilevate in numero sufficiente, le nane brune possono imporre vincoli rigorosi sulle proprietà della loro popolazione madre. Una nuova griglia di modelli stellari, che rappresentano accuratamente i diagrammi colore-magnitudine degli ammassi globulari attraverso il limite della combustione dell’idrogeno in un’ampia gamma di metallicità, permetterà di interpretare le osservazioni e, in particolare, darà una stima indipendente delle età degli ammassi. Gli stessi dati che hanno permesso di studiare le nane bianche nell’infrarosso, descritti sopra, hanno permesso di anche di osservare per la prima volta le nane brune di Ngc 6397. 

Utilizzando la fotometria della NirCam di Jwst e i nuovi modelli, sono state identificate tre nane brune nell’ammasso globulare Ngc 6397 con Teff = 1300–1800 K, confermate sia dal moto proprio sia dall’adattamento del modello. Dalle luminosità osservate delle nane brune scoperte abbiamo ottenuto la prima stima dell’età di un ammasso globulare dalla sua sequenza di raffreddamento sub-stellare: 13,4 ± 3,3 Gyr. La funzione di massa locale dell’ammasso oltre il limite di combustione dell’idrogeno ci ha permesso di dedurre che l’ammasso è molto pesante, suggerendo un’ampia evoluzione dinamica. Ci aspettiamo che i vincoli sia sull’età sia sulla funzione di massa di Ngc 6397 derivati ​​in questo lavoro possano essere notevolmente migliorati da una seconda epoca di imaging NirCam nello stesso campo.

AMPLIFICATORI DI DIFFERENZE

Grazie alla sua eccezionale fotometria nel vicino infrarosso, Jwst può contribuire efficacemente alla scoperta, caratterizzazione e comprensione di molteplici popolazioni stellari negli ammassi globulari, soprattutto a masse basse, dove il telescopio spaziale Hubble deve affrontare limitazioni. In particolare, nelle nane brune le basse temperature favoriscono la formazione di molecole che, rilevate con strumenti sufficientemente sensibili, ci permettono di separare bene le diverse popolazioni caratterizzate da una chimica differente. La combinazione dei dati Hst e Jwst ci consente di identificare due gruppi di stelle lungo la sequenza principale (MS, dall’inglese main sequence): MSa, il gruppo di prima generazione e MSb, il gruppo di seconda generazione. Abbiamo misurato il rapporto tra i due gruppi e lo abbiamo combinato con misurazioni, tratte dalla letteratura, focalizzate su campi più centrali e stelle più massicce rispetto al nostro studio. I nostri risultati suggeriscono che le stelle MSa e MSb sono presenti in un rapporto circa 30−70, indipendentemente dalla distanza dal centro dell’ammasso e dalla massa delle stelle utilizzate finora. 

UN ABBAGLIANTE AMMASSO GLOBULARE
Gli astronomi hanno utilizzato Hubble per valutare la distanza di Ngc 6397, ottenendo la prima misurazione precisa mai effettuata su un antico ammasso globulare.
Crediti: Nasa/Esa/Csa/T. Brown e S. Casertano
CAMERE “SECONDARIE” DI JWST

Le osservazioni dei due ammassi globulari più vicini, Ngc 6121 e Ngc 6397 – effettuate con il rilevatore Niriss di Jwst, una camera usata in parallelo con la camera principale del telescopio – si sono rivelate molto utili e importanti. Infatti, la combinazione dei nostri nuovi dati Jwst con le immagini d’archivio del telescopio spaziale Hubble ci consente di calcolare i movimenti propri, districare i membri degli ammassi dagli oggetti del campo e sondare la sequenza principale degli ammassi fino a masse inferiori a 0,1 masse solari, così come la parte più luminosa della sequenza delle nane bianche. È stato dimostrato che i modelli teorici più sofisticati non riescono a modellare le stelle in sequenza principale di piccola massa e ciò ha portato a discutere le possibili implicazioni e spiegazioni per le discrepanze osservate. La nostra analisi suggerisce che i membri di massa più bassa di entrambi gli ammassi sono significativamente più ricchi di metalli e poveri di ossigeno rispetto alle loro controparti di massa più elevata. Non è chiaro se la differenza sia causata da un’autentica eterogeneità chimica dipendente dalla massa, da processi atmosferici a bassa temperatura che alterano le abbondanze osservate o da carenze sistematiche nei modelli. Per quanto riguarda le funzioni di luminosità locale attuale (numero di stelle in funzione delle luminosità assolute) e le funzioni di massa (numero di stelle in funzione delle masse) dei due ammassi, i nostri dati rivelano un forte appiattimento della funzione di massa indicativo di una significativa perdita preferenziale di stelle di piccola massa in accordo con i precedenti modelli dinamici per questi due ammassi. Abbiamo reso pubblicamente disponibili alla comunità i nostri cataloghi astrometrici e fotometrici e i relativi atlanti Niriss.