Curiosità dallo spazio
Come colonizzare Marte? Con muschi dai super poteri
Quando la ricerca della vita su Marte lascerà il posto al tentativo di portare la vita sul pianeta, una delle prime specie che potremmo usare per colonizzare il Pianeta rosso sarà il muschio Syntrichia caninervis. Noto per la sua resistenza estrema, questo vegetale è paragonabile al tardigrado del mondo vegetale. Cresce in ambienti ostili in Tibet, Antartide e zone polari, ed è in grado di sopravvivere a condizioni estreme. In laboratorio, è stato sottoposto a test brutali: cinque anni a -80°C e un mese a -196°C in azoto liquido, senza subire danni. Ha persino resistito a dosi massicce di radiazioni, che al contrario gli hanno giovato, aumentando la sua rigenerazione. Gli scienziati cinesi, in un simulatore che riproduce le condizioni di Marte (basse temperature, atmosfera rarefatta e alta esposizione a radiazioni), hanno scoperto che S. caninervis è in grado di riprendersi completamente, soprattutto se prima viene disidratato. Tuttavia, restano sfide da affrontare, come la resistenza ai perclorati presenti nel suolo marziano, prima di poter considerare l’introduzione di questo muschio sul Pianeta rosso.
L’Attività Solare verso il massimo del 25° Ciclo
Con l’approssimarsi del massimo del 25° ciclo solare, il Sole ha intensificato la sua attività, aprendo un periodo interessante per scienziati e ricercatori dediti al suo studio. Nel mese di luglio si è registrato un numero record di macchie solari sulla fotosfera, e non accadeva da trentatré anni. Questo notevole aumento ha destato particolare attenzione, considerando che l’ultima volta in cui il Sole ha mostrato una simile intensità si stava preparando a scatenare le tempeste solari più potenti degli ultimi decenni, quelle di novembre 2003. Il record nel numero di macchie degli ultimi cento anni appartiene al 19° ciclo solare (1954-1964), con l’eccezionale valore di 285. Venerdì 9 agosto, il conteggio ha superato quota 382. Per trovare un valore più alto bisogna risalire al 22 agosto 1991, quando raggiunse quota 401 durante il 22° ciclo solare. Questa recente attività evidenzia che il 25° ciclo solare è molto più intenso delle aspettative iniziali. L’Inaf di Catania, insieme agli altri istituti che si occupano di Sole all’Inaf, continuerà a monitorare attentamente la sua evoluzione per capire meglio sia la fisica della nostra stella sia le sue implicazioni sull’ambiente circumterrestre.
Inquinamento luminoso e rischio di Alzheimer?
Un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università della California a Irvine ha rivelato una possibile connessione tra l’inquinamento luminoso notturno e un aumento del rischio di sviluppare l’Alzheimer. I risultati, pubblicati su Environmental Health Perspectives, mostrano che l’esposizione a livelli elevati di luce artificiale durante la notte potrebbe alterare i ritmi circadiani e influenzare negativamente il cervello, aumentando l’infiammazione e i marker tipici della malattia. Lo studio si è concentrato su modelli animali, esposti a variazioni di luce simili a quelle che si riscontrano nelle aree urbane fortemente illuminate. I ricercatori hanno osservato che, rispetto ai soggetti esposti a normali cicli luce-buio, quelli sottoposti a luce costante mostravano un peggioramento delle funzioni cognitive e un’accelerazione nei processi neurodegenerativi. Oltre a valutare l’esposizione alla luce notturna esterna, gli esperti si stanno ora concentrando sull’effetto delle luci all’interno delle case, sia quelle ambientali sia le luci blu dei dispositivi elettronici. Questi risultati suggeriscono l’importanza di compiere ulteriori ricerche per comprendere meglio il legame tra inquinamento luminoso e malattie neuro degenerative, e per promuovere politiche di illuminazione più sostenibili.
Partner e progetti dell’Inaf
Con Andes a caccia della vita su altri mondi
Il progetto Andes ha ricevuto l’approvazione finale ed entra ufficialmente nella fase di realizzazione. Questo spettrografo ad alta risoluzione sarà installato sul telescopio Elt (Extremely Large Telescope) dell’Eso, attualmente in costruzione in Cile. Andes è concepito per studiare alcuni dei fenomeni più affascinanti dell’universo, dalla ricerca di esopianeti simili alla Terra alla misurazione delle costanti fisiche fondamentali nel tempo. Grazie alla sua estrema precisione, Andes permetterà di analizzare la composizione chimica delle atmosfere degli esopianeti, cercando tracce di vita, e di esplorare le prime fasi di formazione stellare e galattica, osservando oggetti molto distanti nel tempo e nello spazio. L’Italia gioca un ruolo chiave nel progetto, con l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) tra i principali partner, impegnato nello sviluppo sia tecnologico sia scientifico dello strumento. Andes contribuirà a rispondere a domande fondamentali sull’universo e le sue origini, aprendo una nuova era di scoperte astrofisiche, grazie alla combinazione unica di Elt e spettroscopia ad altissima risoluzione.
Successo per Hermes: osservati i primi fotoni
Hermes – lo strumento dell’Agenzia spaziale italiana e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a bordo del satellite australiano Spirit – ha raccolto i primi fotoni in modalità osservativa. Spirit è il primo di una costellazione di sette nanosatelliti – i sei restanti saranno lanciati nei prossimi 12 mesi – che ospiteranno ciascuno lo strumento Hermes. Hermes è stato progettato per scansionare il cielo alla ricerca di lampi di raggi gamma, che si creano quando le stelle muoiono o si scontrano e per un attimo emettono più energia di un’intera galassia. Queste osservazioni possono essere effettuate solo da telescopi spaziali e sono fondamentali per far progredire la nostra comprensione della fisica estrema e hanno anche il potenziale per scovare le tracce della quantum gravity. Grazie a un design efficiente e ai progressi dei rivelatori a basso rumore e ad alte prestazioni, lo strumento Hermes pesa poco più di 1,5 kg e occupa un cubo di 10 cm di lato, ma è quasi altrettanto sensibile quanto gli strumenti all’avanguardia a bordo di satelliti centinaia di volte più grandi e massicci, come il Gamma-ray Burst Monitor di Fermi.
Fate svela i segreti delle atmosfere planetarie
Il progetto Fate (Far-infrared Atmospheric Transparency Explorer), sviluppato da un team internazionale con la partecipazione dell’Inaf, ha fatto un passo decisivo nel campo della scienza atmosferica e dell’astronomia. Lo strumento, operativo nell’infrarosso lontano, è pensato per studiare l’atmosfera terrestre e migliorare la comprensione dei climi planetari. Utilizzando palloni stratosferici, Fate misura con precisione gas come il vapore acqueo, essenziale per modellare l’evoluzione del clima sulla Terra. Ma l’obiettivo va oltre il nostro pianeta. Con la possibilità di applicare la tecnologia di Fate anche al Very Large Telescope (Vlt) in Cile, gli scienziati mirano a studiare le atmosfere degli esopianeti. Il Vlt, uno dei più potenti telescopi al mondo, sarà in grado di sfruttare questi dati per analizzare atmosfere di mondi lontani, alla ricerca di condizioni favorevoli alla vita. Fate, con il suo doppio scopo di perfezionare i modelli climatici terrestri e sondare atmosfere extrasolari, rappresenta una pietra miliare nella ricerca scientifica, unendo competenze astronomiche e climatiche per esplorare nuovi orizzonti.
Grandi scoperte recenti
L’anello di Einstein e il cosmo infrarosso
Questa straordinaria immagine mostra uno degli oggetti più luminosi dell’universo lontano: la galassia PJ0116-24, una cosiddetta galassia infrarossa iperluminosa. Grazie all’intensa e vigorosa formazione stellare al loro interno, le galassie di questo tipo emettono fino al 90 per cento della loro luce complessiva nella regione dell’infrarosso dello spettro. Ma cosa innesca questo fenomeno? Di recente un gruppo di ricercatori ha combinato le osservazioni dei potenti osservatori cileni dell’Eso Vlt e Alma per studiare il moto del gas in PJ0116-24. I telescopi hanno catturato l’elegante e raro spettacolo del cosiddetto anello di Einstein. La forma particolare di questo oggetto si deve al fenomeno della lente gravitazionale, predetto da Albert Einstein nella sua teoria della relatività generale. PJ0116-24 si trova nell’universo remoto e la sua luce ha impiegato circa 10 miliardi di anni per raggiungere le nostre antenne. Ma una galassia in primo piano ha agito come “lente d’ingrandimento”, piegando e amplificando la luce di PJ0116-24, formando l’anello di Einstein che vediamo nell’immagine. Questa scoperta fornisce nuovi indizi sulle prime fasi di evoluzione delle galassie e sulle condizioni che hanno favorito la loro crescita.
Vento relativistico da un lontano quasar
Un team di ricerca guidato dall’Inaf e dall’Università di Trieste ha nuovamente catturato i lontanissimi ed energici venti relativistici generati da un quasar attivo e luminoso, uno dei più brillanti mai scoperti. In uno studio pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal viene presentata la prima osservazione, a diverse lunghezze d’onda, dell’interazione tra un buco nero e il quasar all’interno della galassia ospite, la J0923+0402, risalente a circa 13 miliardi di anni fa, durante le fasi iniziali dell’universo. Oltre a fornire evidenze di una tempesta di gas generata dal buco nero, i ricercatori hanno identificato, per la prima volta, un alone di gas che si estende ben oltre la galassia, suggerendo la presenza di materiale espulso a causa dei venti generati dal buco nero. La luce dei quasar si forma quando il materiale galattico che circonda un buco nero supermassiccio si accumula in un disco di accrescimento. Man mano che questa materia si avvicina al buco nero, si scalda, emettendo grandi quantità di radiazione nella luce visibile e ultravioletta. Questa ricerca contribuisce a comprendere come il gas venga espulso o catturato dalle galassie nell’universo giovane e come i buchi neri crescano, influenzando l’evoluzione delle galassie stesse.
Il più giovane sistema multi-planetario compatto
Gli astronomi hanno recentemente identificato il più giovane sistema multi-planetario compatto mai osservato, un traguardo che promette di ampliare la nostra comprensione della formazione planetaria. TOI-5398, questo il nome del sistema, è situato a circa 50 anni luce dalla Terra nella costellazione dell’Aquila e presenta cinque pianeti che orbitano attorno a una stella giovane con un’età stimata di appena 100 milioni di anni. La scoperta è stata effettuata grazie ai dati raccolti dal telescopio spaziale Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellite) e da osservazioni a terra. I ricercatori hanno notato che i pianeti, di dimensioni simili a quelle della Terra e di Nettuno, orbitano in un’area molto ristretta attorno alla stella, rendendo questo sistema particolarmente interessante per gli studi sulla formazione e l’evoluzione dei pianeti. Le sue caratteristiche, infatti, potrebbero fornire indizi su come i pianeti si sono formati e si sono stabilizzati in un’orbita così compatta. Inoltre, questa scoperta apre nuove strade per indagare le atmosfere e le potenziali condizioni per la vita su pianeti che, sebbene giovani, potrebbero offrire un laboratorio naturale per studi futuri. La ricerca continua, per svelare i misteri di questo affascinante sistema.
Premi, nomine & elezioni
A Giada Peron il Premio L’Oréal
Giada Peron, giovane ricercatrice dell’Inaf, è stata insignita del prestigioso Premio L’Oréal-Unesco per le donne nella scienza. Ricercatrice presso l’Inaf di Arcetri con una Inaf Astrophysics Fellowship (Iaf), Peron è specializzata nell’astrofisica delle alte energie e in particolare la sua ricerca si concentra sull’osservazione in banda gamma di oggetti galattici come i resti di supernova, le nubi molecolari e gli ammassi stellari. Si è aggiudicata il Premio L’Oréal con un progetto sul contributo degli ammassi stellari ai raggi cosmici galattici. E infatti spiega: “Gli ammassi stellari potrebbero essere la chiave per spiegare le anomalie che osserviamo ma servono conferme dal punto di vista sperimentale. Il mio progetto ha proprio lo scopo di quantificare usando misure da satellite (Fermi-Lat) e da terra (con i futuri Astri-MiniArray e Ctao) quant’è la frazione di raggi cosmici che si riescono ad accelerare negli ammassi di giovani stelle”. Il Premio L’Oréal non solo sottolinea l’importanza della ricerca scientifica condotta da donne, ma mira anche a incoraggiare le nuove generazioni di scienziate. Questo riconoscimento rappresenta una fonte di ispirazione per tutte le giovani donne che aspirano a intraprendere carriere nel campo della scienza e della tecnologia.
L’Assemblea generale dell’Iau tornerà a Roma
Nel 2027, Roma diventerà il palcoscenico della 40ª Assemblea generale dell’Unione astronomica internazionale (Iau). Questo prestigioso evento attirerà astronomi e scienziati da tutto il mondo, creando un’opportunità unica per discutere delle ultime scoperte e innovazioni nel campo dell’astronomia. La città eterna, già ricca di storia e cultura, si prepara a diventare un centro nevralgico per la comunità scientifica internazionale. L’assemblea rappresenta un momento cruciale per la condivisione del sapere e la collaborazione tra ricercatori di diverse nazioni e specializzazioni. Durante l’evento, sono previsti seminari, conferenze e discussioni che copriranno una vasta gamma di argomenti, dall’astrofisica alla cosmologia, dalla ricerca degli esopianeti alla tecnologia avanzata per l’osservazione del cielo. L’assegnazione dell’assemblea a Roma è il risultato di un lungo processo di candidatura, che ha visto l’Inaf in prima linea. L’evento non solo rafforzerà la posizione dell’Italia nel panorama scientifico internazionale, ma offrirà anche ai giovani ricercatori l’opportunità di interagire con esperti di fama mondiale, promuovendo la crescita della comunità astronomica locale.
Premio Sif 2024 a Silvia Tosi
Silvia Tosi, astrofisica dell’Inaf, è stata recentemente insignita del Premio Sif 2024 per i suoi straordinari contributi nel campo della fisica e dell’astrofisica. Il premio, conferito dalla Società italiana di fisica, riconosce le ricerche innovative di Tosi nel settore delle onde gravitazionali e della cosmologia. Il suo lavoro ha contribuito a migliorare la nostra comprensione dell’universo e delle sue origini. Tosi, laureata presso l’Università di Roma Tre e dottoranda presso l’Inaf di Roma, ha espresso il suo entusiasmo per il riconoscimento, sottolineando l’importanza della ricerca collaborativa e dell’innovazione scientifica. La sua carriera è caratterizzata da una serie di scoperte significative che hanno aperto nuove strade per gli studi sulle onde gravitazionali e il loro impatto sull’universo. Questo premio rappresenta non solo un traguardo personale, ma anche un riconoscimento per la squadra di ricerca con cui collabora. Questo riconoscimento rappresenta un significativo passo avanti nel valorizzare il contributo delle donne nella scienza, con l’obiettivo di ispirare le future generazioni di scienziate.
Errata Corrige
Ci scusiamo per l’errore presente nella versione cartacea della nostra pubblicazione. Segnaliamo che i testi delle due news dedicate a Hermes e al premio L’Oréal-Unesco per le donne nella scienza riportate su questa pagina web rappresentano la versione corretta e aggiornata, rispetto a quanto erroneamente pubblicato nella versione cartacea. Invitiamo i lettori a fare riferimento al contenuto online per le informazioni esatte. Grazie per la comprensione.