Cosa aspettarsi dalla mostra Macchine del tempo, in programmazione a Palazzo Esposizioni a cavallo tra 2023 e 2024 ce lo spiega Caterina Boccato, tecnologa dell’Inaf che ne è anche la curatrice.
Chi non vorrebbe viaggiare nel tempo e nello spazio? Macchine del Tempo, la mostra in programma al Palazzo Esposizioni di Roma dal 25 novembre 2023 al 24 marzo 2024 ne offre l’opportunità e ci riporta anche un po’ indietro nel tempo, a quegli anni Ottanta che diedero l’ispirazione per creare una bellezza libera, come quella di Ritorno al futuro. Racconta Caterina Boccato: «Dove vi stiamo portando, proprio come dice Doc a Marty nel film, “non c’è bisogno di strade”. Basta la voglia di conoscere ed essere pronti a intraprendere un viaggio esplorativo nell’Universo».
In quali macchine del tempo ci imbatteremo al PalaExpo? Ci sarà anche la DeLorean?
Purtroppo no, la DeLorean non ci sarà, abbiamo chiesto alla casa produttrice ma andava un po’ oltre il nostro budget: o facevamo la mostra o prendevamo la DeLorean, diciamo. “Macchine del tempo” sono principalmente le nostre tecnologie e i nostri strumenti che – sia da terra sia in orbita – ci permettono di guardare lontano nello spazio, raccogliendo la luce che ha viaggiato per minuti, per ore, per millenni, anche per miliardi di anni: osservando questa luce possiamo così vedere lontano nel tempo. Anche solo guardando la stellina più vicina, Proxima Centauri, che si trova a quattro anni luce da noi, infatti, stiamo osservando la luce che è partita quattro anni fa.
Logo neon, locandina, sito… a proposito di viaggi nel tempo: la grafica della mostra ci porta dritti negli anni Ottanta. Come mai?
Sarà che è da un po’ sono tornati di moda, sarà che io stessa, che sono la curatrice della mostra, sono una “ragazza degli anni Ottanta”… A parte gli scherzi, gli anni Ottanta hanno rappresentato un momento di esplosione di stili, di colori, di libertà. Libertà per le persone di esprimersi in ogni forma: arte, moda, musica, cinema. Ci sembravano dunque l’intervallo temporale più adatto per raccontare un viaggio nel tempo. Certo, abbiamo strizzato l’occhio a Ritorno al futuro, ma non solo a quello. È stato un decennio di grandi film di fantascienza legati allo spazio e – con lo Shuttle e il proliferare dei satelliti – anche un decennio cruciale per l’esplorazione spaziale.
Una mostra sull’astrofisica, ma anche una mostra sull’Istituto di astrofisica. Perché un ente di ricerca come l’Inaf ha sentito il bisogno di mettersi in mostra? E che Inaf è quello che i visitatori incontreranno?
Più che mettersi in mostra, con questo progetto l’Istituto Nazionale di Astrofisica ha voluto coinvolgere il pubblico. È vero che lo facciamo già in tante altre forme, in tutt’Italia, con le nostre attività di comunicazione. Però una mostra come questa inaugurata a Roma ci permette non solo di portare e accompagnare i visitatori attraverso un viaggio nello spazio e nel tempo, ma anche di incontrarlo, il pubblico. Abbiamo infatti in programma, nel corso dei quattro mesi di apertura della mostra, oltre una decina di conferenze con personaggi come premi Nobel – come Michel Mayor, che ha scoperto il primo esopianeta – e astronauti, numerosi spettacoli scientifici, laboratori per le scuole e anche aperitivi scientifici, durante i quali i nostri ricercatori e le nostre ricercatrici parleranno con le persone vis-à-vis, davanti a un aperitivo appunto, raccontando cosa fanno e come lo fanno. Questo è l’Inaf che i visitatori incontreranno. Vedranno le nostre ultime scoperte, vedranno le tecnologie e la scienza che utilizziamo e produciamo, vedranno le persone. E quest’ultima è secondo me la parte più importante.
Dunque sono tanti, gli eventi e le proposte che nei mesi di apertura ruoteranno attorno alla mostra. Quali suggerire, magari per fasce di pubblico?
Sì, sono davvero tanti e per tutti. Ci sono incontri per la scuola dell’infanzia, spettacoli e matinée, sempre per le scuole, spettacoli che uniscono ironia e scienza pensati per stimolare, per imparare ridendo. Gli aperitivi scientifici si rivolgono perlopiù a studenti universitari, alle famiglie e, più in generale, a un pubblico adulto. Non mancheranno incontri per pubblici speciali, con interpreti per la lingua dei segni, per esempio. Fra gli spettacoli, che saranno almeno cinque, ce ne saranno anche di già collaudati e noti al pubblico della Capitale, come l’Astroconcert, coSmic e la Scienza Coatta. E per chi è interessato alla cultura ad ampio raggio, avremo anche dibattiti sul rapporto tra filosofia, arte e scienza con grandi nomi del panorama intellettuale italiano.
Usiamo la macchina del tempo per guardare al futuro: dopo il 24 marzo 2024, giorno di chiusura, la mostra che fine farà?
Roma è solo l’inizio. Potremo trovare spazi nelle città nelle quali il nostro Istituto Nazionale di Astrofisica ha una sede, che già da sole sono una dozzina. Sempre nelle nostre sedi, che durante l’anno aprono regolarmente le porte al pubblico, potremo ospitare in modo permanente alcuni exhibit. E visto che la mostra è già interamente tradotta in inglese, vorremmo provare a proporla anche all’estero, sia nel contesto dell’International Astronomical Union sia alle ambasciate italiane – con le quali, come Inaf, abbiamo da tempo rapporti molto stretti e molto vivaci, sia per quanto riguarda la ricerca scientifica che per il public engagement.