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Curiosità dallo spazio

Una boccata di ossigeno per future missioni spaziali

Rappresentazione artistica di una futura base lunare. Crediti: Esa/Pierre Carril

In uno studio pubblicato su Nature Communications, un team di ricercatori guidati dall’Università di Warwick descrive un rivoluzionario dispositivo in grado di risolvere il problema dell’approvvigionamento di ossigeno a partire da una fonte di energia verde, rinnovabile e inesauribile, almeno per i prossimi circa 5 miliardi di anni: l’energia della nostra stella, il Sole. Se pensiamo che il futuro per l’umanità sia quello di esplorare e colonizzare mondi lontani, una delle sfide che dovranno essere affrontate per garantire il successo delle missioni è la necessità di produrre autonomamente in loco la preziosa molecola per la sopravvivenza degli astronauti. Questo dispositivo è simile a una cella fotoelettrochimica, al cui interno avviene la produzione, assistita dalla luce del Sole, di ossigeno a partire da anidride carbonica e acqua. Si tratta di uno strumento in grado di fare ciò che sulla Terra le piante fanno di “mestiere” con la fotosintesi clorofilliana: convertire l’acqua e l’anidride carbonica in ossigeno utilizzando la luce solare. Secondo i ricercatori, la tecnologia potrebbe essere utilizzata anche per produrre una varietà di molecole a base di carbonio come ad esempio il metano.


Luna: la Russia si schianta, l’India approda

La sonda indiana Chandrayaan-3 vista dal rover Pragyan il 30 agosto 2023. Crediti: Isro

Se tutto fosse andato come previsto, la Luna avrebbe avuto due nuovi coinquilini. Ma gli imprevisti, soprattutto nello spazio, accadono di frequente: solo una delle due navicelle spaziali lanciate alla volta del nostro satellite è riuscita ad approdare. Le due protagoniste di questa storia sono le missioni Chandrayaan-3 e Luna-25, la prima battente bandiera indiana, la seconda russa. Ad aggiudicarsi un posticino sulla Luna sono stati però gli indiani, precisamente mercoledì 23 agosto, alle 14:34 ora italiana. La sonda russa, invece, probabilmente sulla Luna ci è arrivata, ma schiantandosi al suolo: alle 13:57 ora italiana di sabato 19 agosto le comunicazioni con la navicella si sono interrotte. Per adesso, quindi, la missione indiana prosegue indisturbata; fra gli obiettivi scientifici previsti ci sono soprattutto misure termiche, sismiche e mineralogiche del sito. La speranza è quella di trovare tracce della presenza di ghiaccio d’acqua. La coppia vincente prevede il lander Vikram e il rover Pragyan. Comunque vada, la missione Chandrayaan-3 è in ogni caso già un pieno successo: è la prima in assoluto ad atterrare vicino al polo sud della Luna, una regione potenzialmente ricca di ghiaccio d’acqua. 


Tess scopre l’esopianeta con l’anno più lungo

Rappresentazione artistica del Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS). Crediti: Nasa

Un gruppo di scienziati dell’Università del New Mexico e del Massachusetts Institute of Technology ha scoperto due degli esopianeti con il periodo più lungo trovati da Tess, il Transiting Exoplanet Survey Satellite della Nasa: Toi-4600 b e Toi-4600 c, in orbita attorno a una nana arancione, Toi-4600, una stella leggermente più piccola e più fredda del Sole. Per riuscire a rilevare un pianeta extrasolare e stabilirne correttamente il periodo, Tess deve osservare il suo transito almeno due volte. Poiché il 74% della copertura totale del cielo di Tess viene osservata solo per 28 giorni, la maggior parte degli esopianeti rilevati da Tess hanno periodi inferiori a 40 giorni. Pertanto, i periodi di 82,69 giorni (quasi 3 mesi) di Toi-4600 b e 482,82 giorni (circa 16 mesi) di Toi-4600 c riscontrati dai ricercatori, rendono la scoperta ancora più preziosa. Toi-4600 b ha un raggio che è poco meno di sette volte il raggio terrestre, tra le dimensioni di Nettuno e quelle di Saturno, e una temperatura stimata di circa 75 gradi Celsius. Il secondo pianeta scoperto, Toi-4600 c, ha un raggio che è circa nove volte e mezzo quello terrestre, ossia ha all’incirca le dimensioni di Saturno. Vista la durata del suo periodo orbitale, la prima volta che Tess l’ha osservato l’ha visto transitare solo una volta, per poi vederlo passare davanti alla sua stella una seconda volta quasi tre anni dopo.


Partner e progetti dell’Inaf


Le pulsar ci svelano il respiro dello spazio-tempo

Rappresentazione artistica di una pulsar, una stella di neutroni. Crediti: Nasa

Dai dati raccolti in oltre 25 anni da sei dei radiotelescopi più sensibili del mondo, fra cui il Sardinia Radio Telescope dell’Inaf, emergono i segni distintivi dell’esistenza di onde gravitazionali a bassissima frequenza. Si tratta di una scoperta che apre una nuova finestra osservativa nella scienza delle onde gravitazionali, e conferma l’esistenza di onde gravitazionali ultra lunghe generate da coppie di buchi neri supermassicci durante il processo di fusione fra due galassie. Il tutto è stato descritto in una serie di articoli pubblicati sulla rivista Astronomy and Astrophysics, firmati dagli scienziati dello European Pulsar Timing Array (Epta), in collaborazione con i colleghi indiani e giapponesi dell’Indian Pulsar Timing Array (InPta). Lo scopo è quello di utilizzare le osservazioni degli impulsi ultra regolari provenienti da stelle di neutroni chiamate pulsar per costruire un rilevatore di onde gravitazionali delle dimensioni della nostra galassia. Le pulsar si comportano come orologi naturali di alta precisione e dalla misura ripetuta di piccolissime variazioni nei tempi di arrivo dei loro impulsi è possibile misurare le minute dilatazioni e compressioni dello spaziotempo provocate dal passaggio di onde gravitazionali provenienti dall’universo lontano.


Il futuro dell’ultravioletto si chiama CUBES

Lo spettrografo CUBES verrà installato in un fuoco Cassegrain del VLT in Cile. Crediti: ESO/G. Hüdepohl

La nuova generazione di telescopi giganti non manderà in pensione i grandi telescopi attualmente in uso, che potranno avvalersi di strumentazione specializzata ed efficiente per tipi particolari di onde elettromagnetiche. Nasce così l’idea di progettare e realizzare uno strumento ottimizzato per le osservazioni nell’ultravioletto, mettendo a frutto le caratteristiche del noto Very Large Telescope (Vlt), che nonostante abbia un’area di raccolta minore rispetto a Extremely Large Telescope (Elt) è però caratterizzato da delle specifiche tecniche che lo rendono molto efficiente nell’ultravioletto. Questo strumento è denominato Cassegrain U-Band Efficient Spectrograph (CUBES) e sarà il più efficiente in questo intervallo spettrale anche quando il grande Elt diventerà operativo. CUBES è uno spettrografo, ovvero uno strumento che suddivide la radiazione ricevuta nelle sue componenti spettrali. Pensiamo, per semplicità, a cosa accade quando un raggio di luce solare attraversa un prisma, ma ovviamente a un livello di sofisticazione molto maggiore. Questo permetterà agli astronomi di poter studiare con dettaglio problemi di grande rilevanza scientifica e che attendono da molto tempo di poter essere studiati in maniera efficace. CUBES è in fase di realizzazione da parte di un consorzio internazionale a guida italiana e si prevede potrà avere la “prima luce” nel 2028.


Prima luce interferometrica per la Banda 2 di Alma

Il criostato di una delle 66 antenne di Alma completo di tutti e dieci i ricevitori. Crediti: S. Otarola/Jao/Eso

Un gruppo internazionale di astronomi e ingegneri di Alma (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), di cui l’Eso è partner, ha effettuato le prime misure con nuovi ricevitori installati sulle antenne cilene. I ricevitori consentono ad Alma di osservare su tutto l’intervallo di frequenza finale – con lunghezze d’onda comprese tra 2,6 e 4,5 millimetri (67-116 GHz) – del progetto completo. La cosiddetta Banda 2 apre una nuova finestra sulle nostre origini cosmiche, consentendo misure che rivelano come si formano stelle e galassie lontane, fino alle origini dei pianeti e ai mattoni della vita. Alma, situato sull’altopiano di Chajnantor in Cile, è costituito da un totale di 66 antenne, ciascuna dotata di un arsenale di ricevitori molto sensibili. Ogni tipo di ricevitore osserva all’interno di una particolare banda, o intervallo di lunghezze d’onda, nella regione submillimetrica/millimetrica dello spettro elettromagnetico. In totale le varie bande coprono una finestra da 0,3 a 8,6 millimetri (da 950 a 35 GHz; bande da 10 a 1, rispettivamente). La Banda 2 apre una finestra completamente nuova a 67-84 GHz, ampliando al contempo la larghezza di banda disponibile nell’intervallo di frequenze 84-116 GHz, coperto anche dalla Banda 3.

Grandi scoperte recenti


Propulsori ad acqua sulla punta delle dita

Ice-Cube Thuster: ugello e camera di combustione sono all’estremità a destra. Crediti: Ura Thrusters

I propulsori dei nanosatelliti del prossimo futuro potrebbero funzionare con un pieno, ma di acqua: molecole d’acqua scisse in idrogeno e ossigeno attraverso l’elettrolisi, così da ottenere un propellente a chilometro zero, direttamente nello spazio. A stupire sono le dimensioni dei nuovi “razzi” in grado di usare questa miscela: tra ugello e camera di combustione, meno d’un millimetro. Parliamo dell’Ice-Cube Thruster (dalle iniziali di Iridium Catalysed Electrolysis CubeSat Thruster): un micro razzo sviluppato all’Imperial College di Londra nell’ambito del General Support Technology Program (Gstp) dell’Esa. Talmente miniaturizzato che per realizzarlo si ricorre allo stesso approccio adottato per i Mems (sistemi micro elettromeccanici), l’equivalente meccanico dei microchip. Negli ultimi test condotti in laboratorio ha consentito di ottenere una spinta di 1,25 millinewton (e generare un impulso specifico di 185 secondi). Questi propulsori non sono pensati per manovrare grosse sonde spaziali: il loro campo d’applicazione è quello dei satelliti piccoli e piccolissimi, i cubesat e i nanosat. I vantaggi che un micro razzo come questo può offrire sono enormi.


Il campo magnetico galattico più lontano di sempre

Quella di 9io9 è la rilevazione più lontana mai effettuata del campo magnetico di una galassia. Crediti: Alma (Eso/Naoj/Nrao)/J. Geach et al.

Utilizzando l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma), un gruppo di astronomi ha rilevato il campo magnetico di una galassia così lontana che la sua luce ha impiegato più di 11 miliardi di anni per raggiungerci: la vediamo com’era quando l’universo aveva appena 2,5 miliardi di anni. Il risultato fornisce agli astronomi indizi vitali su come si sono formati i campi magnetici delle galassie come la Via Lattea. I campi magnetici sono comuni a molti corpi astronomici nell’universo, siano essi pianeti, stelle o galassie. Le galassie, per esempio come la Via Lattea, sono permeate da campi magnetici, che si estendono per decine di migliaia di anni luce. I ricercatori hanno scoperto un campo magnetico già completamente formato in una galassia distante, simile nella struttura a quello osservato nelle galassie vicine a noi. Il campo è circa mille volte più debole del campo magnetico terrestre, ma si estende per oltre 16 mila anni luce. Per effettuare questa rilevazione, pubblicata su Nature, l’equipe ha cercato la luce emessa dai grani di polvere in una galassia distante, 9io9. Quando Alma ha rilevato e mappato un segnale polarizzato proveniente da 9io9, è stata confermata per la prima volta la presenza di un campo magnetico in una galassia molto distante.


Raro esempio di magnetar di periodo ultra-lungo

Rappresentazione artistica di una magnetar a periodo ultra-lungo. Crediti: Icrar

Un team internazionale guidato da astronomi della Curtin University e dell’International Center for Radio Astronomy Research (Icrar) ha scoperto un nuovo tipo di oggetto stellare che sfida la nostra comprensione della fisica delle stelle di neutroni. L’oggetto potrebbe essere una magnetar a periodo ultra-lungo, un raro tipo di stella con campi magnetici estremamente forti in grado di produrre potenti esplosioni. Fino a poco tempo fa, tutte le magnetar conosciute rilasciavano energia da pochi secondi a pochi minuti. L’oggetto appena scoperto emette onde radio per ben cinque minuti ogni ventuno minuti, rendendolo la magnetar con il periodo più lungo rilevato finora. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature e nel team ci sono anche due ricercatori dell’Inaf. L’oggetto si chiama Gpm J1839-10 ed è stato scoperto utilizzando le antenne del Murchison Widefield Array (Mwa), un radiotelescopio in Australia Occidentale. La magnetar si trova a 15 mila anni luce dalla Terra ed è visibile nella costellazione dello Scudo. L’oggetto stellare è la seconda magnetar a periodo ultra-lungo mai rilevata.

 

Un premio importante

Gli attosecondi vincono il Nobel della Fisica

Anne L’Huillier è la quinta donna in oltre un secolo a vincere il Nobel per la fisica. Crediti: Lund University

Si chiamano Anne L’Huillier, Pierre Agostini e Ferenc Krausz e hanno vinto il premio Nobel per la fisica 2023 «per i metodi sperimentali che generano impulsi di luce ad attosecondi per lo studio della dinamica degli elettroni nella materia». In altre parole, per aver abbattuto numerose barriere sperimentali e aver dimostrato che esiste un modo per creare impulsi di luce così brevi da poter “vedere” i tempi in cui si muovono gli elettroni nella materia. Cos’è un attosecondo? Prendiamo un secondo, la durata del battito cardiaco, e lo dividiamo cinque volte per mille: otterremo il tempo scala su cui avviene il moto di un atomo. Dividiamo ancora per mille (sei volte in totale, quindi), e otterremo il tempo scala su cui si muove un elettrone all’interno di un atomo, di una molecola, e in generale della materia. Un tempo talmente piccolo che non solo è difficile da immaginare, ma anche da scrivere, ma avendo accesso al quale è possibile rispondere a domande di fisica fondamentale e che può avere ricadute pratiche in diversi campi, dall’industria dei semiconduttori alla medicina, alla chimica che studia le reazioni di catalisi e che, grazie a questa scoperta, ha aperto un nuovo campo di ricerca: l’attochimica.

 

 

 

L’astrofisica premiata da L’Oréal e Unesco

Le ricercatrici premiate con il Presidente e AD di L’Oréal Italia Emmanuel Goulin. Crediti: L’Oréal Italia / Unesco

L’Oréal Italia, insieme alla Commissione Nazionale Unesco, ha premiato sei ricercatrici scientifiche con una borsa di studio di 20mila euro ciascuna, che permetterà loro di portare avanti i loro progetti di ricerca. Tra queste c’è anche Alice Borghese, astrofisica all’Institute of Astrophysics of the Canary Islands, che svolgerà il suo progetto dedicato allo studio delle magnetar all’Inaf di Roma. La giovane ricercatrice commenta: «Con questo premio spero di essere anch’io fonte di ispirazione per le generazioni future, soprattutto per le giovani donne che si avvicinano alla ricerca». Il bando di questa edizione ha raccolto oltre 200 candidature da tutta Italia. Il programma L’Oréal-Unesco “For Women in Science” si impegna per permettere a un numero sempre maggiore di scienziate di superare le barriere all’avanzamento di carriera e contribuire a risolvere le grandi sfide dei nostri tempi, a beneficio di tutti. In 25 anni il programma ha sostenuto oltre 4100 ricercatrici di oltre 110 paesi, premiando l’eccellenza scientifica e ispirando le generazioni di giovani donne a perseguire la loro carriera.

 

 

A LICIACube il premio “Missione smallsat” dell’anno

L’impatto di DART sull’asteroide Dimorphos ripreso da LICIACube. Crediti: Asi/Nasa/Simeon Schmauß

Il microsatellite italiano LICIACube ha vinto il primo premio “Aiaa SmallSat Award”, conferito dall’American Institute of Aeronautics and Astronautics (Aiaa). La selezione della “Missione dell’anno” è il culmine di un processo iniziato con l’individuazione di una rosa di nove finaliste, tra le quali LICIACube era l’unica missione italiana, seguito da un sondaggio online in cui persone di tutto il mondo hanno votato quella ritenuta la più meritevole. Il premio è andato infine all’Italia. Il nanosatellite LICIACube è stato progettato, costruito e operato dalla società Argotec, e la missione – coordinata e gestita dall’Agenzia spaziale italiana – ha visto il coinvolgimento di un ampio team nazionale guidato dall’Inaf e composto dal Politecnico di Milano, dall’Università di Bologna, dall’Università di Napoli “Parthenope” e dal Cnr-Ifac “Nello Carrara”. LICIACube ha contributo alla prima missione di difesa planetaria attiva dell’umanità, attuata con successo dalla sonda Dart della Nasa che il 26 settembre 2022, a una distanza di 11 milioni di km dalla Terra, ha impattato contro l’asteroide Dimorphos, il più piccolo del sistema doppio Didymos, al fine di testare la tecnica dell’impatto cinetico per deviare la traiettoria di un corpo celeste.