Il futuro delle attività dell’Inaf

ISABELLA PAGANO
Direttrice scientifica dell’Inaf.

Isabella Pagano, astrofisica di origini toscane ma catanese d’adozione, esperta nel campo dei pianeti extrasolari, è la prima donna alla guida della Direzione scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica. Per almeno quattro anni sarà lei ad avere la responsabilità del coordinamento di tutte le attività scientifiche e tecnologiche dell’Istituto. L’abbiamo intervistata. 

Partiamo dall’attualità, e in particolare dalla Vqr, la Valutazione della qualità della ricerca. Proprio in queste settimane l’Anvur sta iniziando a passare al vaglio i prodotti scientifici per il periodo 2020-2024. Nel quinquennio precedente l’Inaf non aveva particolarmente brillato. Questa volta cosa si attende? E più in generale qual è la sua opinione su uno strumento dibattuto qual è la Vqr?

La Valutazione della qualità della ricerca (Vqr) è uno strumento importante per monitorare e migliorare la produzione scientifica del nostro Paese. Certamente è un processo complesso e, come ogni meccanismo di valutazione, suscita dibattiti e riflessioni. Per il periodo 2020-2024, mi aspetto che l’Inaf possa mostrare un miglioramento rispetto al passato. Negli ultimi anni, abbiamo investito molto nella qualità della ricerca, nel supporto ai ricercatori e nel potenziamento delle infrastrutture scientifiche. Sappiamo che la valutazione non riguarda solo il numero di pubblicazioni, ma anche l’impatto della ricerca e la capacità di innovazione: è su questi aspetti che vogliamo puntare. Naturalmente, la Vqr non è priva di criticità. È essenziale che i parametri di valutazione tengano conto delle specificità di ogni settore scientifico e che il processo sia il più possibile trasparente ed equo. Al di là del risultato, la sfida è usare la Vqr per comprendere dove possiamo migliorare e per rafforzare ulteriormente il ruolo dell’Inaf nella ricerca astrofisica internazionale.

NURSERY DELLE IDEE
L’innovazione Inaf passa anche per nuovi laboratori e nuove infrastrutture scientifiche. Come succede all’Osservatorio astronomico di Cagliari, protagonista di questi scatti.
Crediti: Inaf/R. Bonuccelli

Astrofisica da terra e astrofisica dallo spazio: dove tenderà l’ago della bilancia nei prossimi anni? Il problema del rumore dovuto alle costellazioni satellitari, insieme al costo in picchiata dei lanci spaziali, sembra favorire lo spazio. È così?

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una rivoluzione nel settore spaziale: la riduzione dei costi di lancio e l’aumento della disponibilità di piattaforme in orbita stanno ampliando enormemente le possibilità di ricerca. Le missioni spaziali ci permettono di accedere a lunghezze d’onda e condizioni osservative impossibili dalla Terra, e su questo fronte continueremo a investire con missioni chiave a cui l’Inaf partecipa attivamente. D’altro canto, l’astrofisica da terra resta insostituibile per molti aspetti. La capacità dei telescopi terrestri continua a crescere grazie a nuove tecnologie, dall’ottica adattiva agli spettrografi sempre più sofisticati. È vero che l’inquinamento luminoso e il numero crescente di satelliti in orbita pongono nuove sfide, ma ci stiamo già muovendo per affrontarle, sia attraverso collaborazioni con le agenzie spaziali sia con lo sviluppo di strategie di mitigazione. Dal punto di vista strategico, l’Inaf continuerà a investire su entrambi i fronti, cercando di integrare le osservazioni da terra e dallo spazio. Non è una questione di “o l’uno o l’altro”, ma di trovare il giusto equilibrio per massimizzare le scoperte scientifiche.

In cosa vorrebbe che l’Inaf del 2028 fosse diverso da quello di oggi?

Il mio auspicio è che nel 2028 l’Inaf sia un ente ancora più coeso, dinamico e capace di affrontare le grandi sfide dell’astrofisica con una visione strategica integrata. Proprio per questo ho voluto rafforzare l’articolazione interna della Direzione scientifica con una struttura organizzativa che valorizzi le competenze e responsabilità distribuite, ma ben coordinate. Abbiamo costruito un assetto che si fonda su quattro pilastri: supporto amministrativo e supporto tecnico-gestionale efficiente, unità tematico-gestionali orientate a facilitare il consolidamento di linee di ricerca strategiche e a supportare l’esplorazione di tecnologie che possano risultare trasformazionali nel nostro campo, e unità scientifiche centrali che curano aspetti fondamentali come i progetti da terra e dallo spazio, il calcolo avanzato, la valorizzazione della ricerca e della conoscenza, l’internazionalizzazione e la partecipazione ai bandi competitivi.

Mi auguro che questa struttura permetta all’Inaf di essere sempre più competitivo a livello internazionale, attrattivo per i giovani talenti e capace di far emergere le eccellenze scientifiche e tecnologiche presenti nel nostro ente. Vorrei anche che l’Inaf fosse percepito sempre di più come un interlocutore autorevole, non solo nella comunità scientifica ma anche dalla società civile, grazie a una valorizzazione più incisiva della conoscenza e dell’impatto della nostra ricerca.

Infine, desidero che nel 2028 si possa dire che questa organizzazione ha migliorato concretamente l’efficacia e l’efficienza della nostra azione scientifica, facilitando il lavoro dei ricercatori e delle ricercatrici e favorendo un ambiente di lavoro collaborativo, aperto e motivante.