Manuale di sopravvivenza ai buchi neri

Manuale di sopravvivenza ai buchi neri

Janna Levin, autrice di Manuale di sopravvivenza ai buchi neri (Il Saggiatore, 2022), negli spazi del centro Pioneer Works di Brooklyn, di cui è direttrice scientifica. Crediti: Nate Palmer

Al giorno d’oggi è difficile scrivere un libro originale sui buchi neri, data la grande quantità di libri pubblicati sull’argomento. E non è facile neppure rivolgersi a un pubblico ampio, non particolarmente esperto di relatività generale, di spaziotempi che si torcono sotto l’azione della gravità.

Entrambe le sfide sono state affrontate da Janna Levin, professoressa di cosmologia alla Columbia University, quindi abituata a mangiare pane e buchi neri tutti i giorni, che ha scelto di usare un linguaggio semplice e assolutamente informale per raccontarci un viaggio verso le strepitose meraviglie provocate dalla gravità dei buchi neri. Lo ha fatto usando lo stratagemma di accompagnare il lettore come un turista spaziale (da qui il titolo) alla scoperta di una realtà completamente diversa da quella a cui siamo abituati qui, sulla nostra Terra, dove la forza di gravità è debole e tutto sommato rassicurante. 

La narrazione si dipana attraverso brevi capitoli che mostrano come lo stesso palcoscenico in cui le cose accadono, lo spazio e il tempo, venga modificato dalla presenza di un buco nero. Modifiche che diventano sempre più grandi se ci si avvicina a una distanza limite, che possiamo chiamare di non ritorno, oltrepassata la quale dovremmo abbandonare ogni speranza di tornare nel nostro mondo. Ma che cosa vedremmo, noi poveri turisti spaziali, se malauguratamente varcassimo questa soglia? Potremmo continuare a vedere e a sentire il mondo di fuori? E viaggeremmo nel vuoto fino al centro del buco nero stesso? E cosa c’è dentro al buco nero stesso? Di cosa è fatto? Possiamo avere qualche speranza, anche minima, di sopravvivere a questa avventura? Queste sono le domande a cui il libro cerca di dare una risposta. Non ha la pretesa di spiegare il perché, ma racconta il come. 

Il libro finisce presentando un enigma irrisolto che ancora incuriosisce e fa discutere gli scienziati. Riguarda un fatto strano, all’apparenza banale: la possibilità che nei buchi neri l’informazione si perda. Per decenni abbiamo pensato ai buchi neri come a delle isole ecologiche perfette, dove poter buttare tutta la nostra spazzatura. Infatti un buco nero ha solo tre proprietà: la massa, la rotazione e la carica. Quindi, da fuori, non posso sapere se è fatto di spazzolini da denti o di trattori. Se la massa totale dei trattori e degli spazzolini è la stessa non posso distinguere i buchi neri corrispondenti. L’informazione è persa. Apriti cielo: in fisica, questo non è possibile! Dopo decenni di studi, di scoperte e di indagini abbiamo forse scoperto un pezzo della risposta: l’informazione si trova sulla superficie di non ritorno dei buchi neri, come se fosse un’olografia, ma non sappiamo ancora come fare a recuperarla. 

Un libro consigliato a chi è curioso di conoscere più da vicino i buchi neri: magari ne ha sentito parlare ma non ne sa molto. Dopo averlo letto, gli verrà voglia di approfondire la conoscenza.

 


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