Ultime scoperte da Bennu

Ultime scoperte da Bennu

TOUCH DOWN
Quando la sonda OSIRIS-REx ha toccato la superficie di Bennu ha attivato una bombola di azoto pressurizzato per sollevare il materiale e poterne raccogliere un campione. Crediti: Nasa/Goddard/University of Arizona

La missione Osiris-Rex ha avuto il compito di portare sulla Terra alcuni campioni dell’asteroide Bennu. La loro analisi apre la strada a numerose scoperte, come la sua caratterizzazione geomorfologica, ciò che è avvenuto sull’asteroide e diversi indizi per ampliare la conoscenza sulla storia del Sistema solare.

Il 24 settembre 2023 la capsula di raccolta della missione Nasa Osiris-Rex, acronimo di Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, and Security–Regolith Explorer, ha riportato sulla Terra i campioni prelevati a ottobre 2020 dal Near Earth Asteroid (Nea) (101955) Bennu. Nell’ultimo anno e mezzo sono state analizzate approfonditamente sia le caratteristiche fisiche sia le composizioni chimiche e mineralogiche del materiale riportato, rivelando importanti informazioni sulla composizione di Bennu e del suo corpo genitore. Grazie a queste analisi sono stati identificati anche 14 dei 20 amminoacidi utilizzati dalla biologia terrestre e tutte e cinque le basi azotate che compongono Dna e Rna (adenina, citosina, guanina, timina e uracile). Studi di questo tipo erano già stati condotti su meteoriti considerate gli analoghi degli asteroidi carbonacei come Bennu, identificando composti organici simili; esisteva tuttavia il rischio che ci fossero state contaminazioni terrestri e che quindi i risultati fossero stati compromessi. Pertanto, gli studi sui campioni di Bennu sono di fondamentale importanza, perché in questo caso è stato analizzato materiale mantenuto incontaminato proveniente direttamente dall’asteroide. È stato così annullato il rischio di alterazioni esterne, dissipando ogni dubbio sulla reale origine extra-terrestre di quei composti organici. 

BENNU

(101955) Bennu è un asteroide carbonaceo di tipo B, con un diametro di circa 500 metri. La sua struttura interna è di tipo rubble pile, ossia un ammasso di detriti impilati provenienti da un corpo genitore più antico completamente distrutto da un impatto, e riaccumulato successivamente. Gli asteroidi carbonacei come Bennu contengono materiali che hanno 4,5 miliardi di anni e che, di conseguenza, rappresentano le fasi primordiali della formazione ed evoluzione del Sistema solare e, grazie alle recenti scoperte, sappiamo che sono stati veicoli che hanno portato acqua e molecole organiche prebiotiche su tutti i pianeti, Terra inclusa. 

MOSAICO
Questa immagine composita di Bennu è stata realizzata utilizzando i dati raccolti dalla sonda spaziale OSIRIS-REx per oltre due anni.
Crediti: Nasa/Goddard/University of Arizona
LA MISSIONE OSIRIS-REX

Osiris-Rex è la terza missione della Nasa del programma New Frontiers, in cui è stato coinvolto un team di ricercatori internazionale, tra cui anche l’Italia. Il lancio dello spacecraft è avvenuto l’8 settembre 2016 e ha raggiunto Bennu due anni dopo. L’obiettivo principale della missione era quello di riportare sulla Terra almeno 60 grammi di regolite (ossia materiale granulare non consolidato) incontaminata e proveniente dalla superficie dell’asteroide. La missione aveva anche molteplici obiettivi secondari, tra cui lo studio delle caratteristiche fisiche e dinamiche di Bennu, l’analisi ad altissima risoluzione della sua superficie, delle morfologie presenti su di essa e i processi che la coinvolgono. Nel dicembre del 2018, lo spacecraft ha iniziato ad analizzare l’asteroide partendo da una sua mappatura globale. In questa fase il team italiano dell’Istituto nazionale di astrofisica ha attivamente partecipato alla caratterizzazione geomorfologica della superficie di Bennu attraverso immagini ad alta risoluzione, in particolar modo studiandone i massi, crateri e regolite, e rivelando una superficie variegata e un tempo dinamica. I ricercatori italiani hanno poi partecipato alla selezione del sito di campionamento attraverso uno studio della curva di distribuzione delle dimensioni (Sfd, dall’inglese size frequency distribution) dei massi, per identificare l’area più sicura e scientificamente interessante. Il 20 ottobre 2020 lo spacecraft si è avvicinato e ha campionato il sito selezionato, ribattezzato Nightingale, situato all’interno del cratere Hokioi, di 20 metri. Attraverso un braccio robotico di circa 3 metri e al sistema Tagsam (Touch And Go Sample Acquisition Mechanism), è stata campionata la regolite da una profondità di 48,8 centimetri. I campioni acquisiti sono stati di due tipi: il primo è un campione bulk di grani di regolite condotti direttamente nella testa del Tagsam tramite un rilascio controllato di azoto molecolare (N2) puro; il secondo tipo consiste in un particolato fine (millimetrico) catturato da 24 contact pads (punti di contatto) di acciaio inossidabile posti al di sotto del Tagsam. I campioni così ottenuti sono poi stati chiusi ermeticamente e inseriti nella Sample Return Capsule (Src) che il 24 settembre 2023 è stata rilasciata dallo spacecraft in atmosfera terrestre ed è atterrata nel deserto dello Utah. 

SUSPENSE
Attimi di fibrillazione all’apertura del modulo Asteroid Sample Return di OSIRIS REx, presso l’edificio 31 della Astromaterials Curation Facility.
Crediti: Nasa/R. Markovitz
L’ATTERRAGGIO E LE SCOPERTE

Immediatamente dopo che la capsula di rientro è atterrata, una squadra di recupero ha raggiunto in elicottero il sito in circa 20 minuti. La capsula è stata avvolta con strati di politetrafluoroetilene e con un telo, e trasportata in elicottero in una vicina camera bianca temporanea allestita per l’occasione in prossimità del sito di atterraggio.

Da lì, i campioni sono stati trasferiti presso il Johnson Space Center (Houston, Texas) e riposti in una glovebox all’interno di una camera bianca appositamente costruita per evitare qualsiasi tipo di contaminazione. In quell’ambiente protetto è stata aperta la testa del Tagsam ed estratto il campione di regolite. Questa procedura è durata più del previsto per via di due viti che ne hanno bloccato la completa apertura fino a metà gennaio 2024. I campioni sono stati quindi recuperati dalla capsula in due volte: nella prima, avvenuta poche settimane successive al loro arrivo, ne sono stati recuperati 70,3 grammi, mentre nella seconda, avvenuta nel gennaio 2024, 51,3 grammi, per un totale di 121,6 grammi di regolite. Infine, l’intero contenuto è stato versato in 12 vassoi a settori predisposti per le prime analisi. 

Nel novembre 2023, una prima serie di otto campioni di aggregati, composta sia da particelle fini sia da particelle più grandi, è stata distribuita al team di analisi preliminare, per la prima caratterizzazione dei campioni. Un primo aggregato proveniente dall’interno del Tagsam è stato caratterizzato spettroscopicamente presso il Nasa Reflectance Experiment Laboratory (Relab) della Brown University. Per valutare la composizione dei grani sono stati acquisiti spettri di riflettanza con vari spettrometri operanti negli intervalli di lunghezza d’onda visibile e infrarosso. È stata osservata una caratteristica banda di assorbimento a 2,7 micrometri, corrispondente alla presenza di silicati idrati, dimostrando così che l’asteroide genitore di Bennu possedeva acqua liquida al suo interno. Altre caratteristiche di assorbimento osservate a 3,4 e 3,8-4 micrometri, sono state attribuite alla presenza di carbonati e a molecole organiche. Queste analisi hanno dimostrato che le proprietà spettrali di Bennu sono molto simili agli spettri di laboratorio dei campioni di Ryugu, l’altro asteroide dal quale sono stati raccolti e riportati a terra campioni da parte della missione Hayabusa-2 dell’agenzia spaziale giapponese Jaxa. Inoltre, le analisi preliminari hanno mostrato che le proprietà spettroscopiche di riflettanza nella regione del vicino infrarosso sono coerenti con quelle di alcune meteoriti di tipo condriti carbonacee CI presenti nelle collezioni terrestri.

La scoperta più eccitante riguarda l’analisi della materia organica presente nei campioni di Bennu, poiché ci rivela indizi importantissimi sulla chimica del Sistema solare primordiale e sull’origine di molecole che sono fondamentali per la vita. Quanto prelevato dall’asteroide Bennu ci ha permesso di studiare materiale ricco di carbonio incontaminato, ovvero protetto dall’esposizione incontrollata alle condizioni terrestri. Le analisi di laboratorio hanno dimostrato che i campioni di Bennu sono ricchi di elementi volatili, con più carbonio, azoto e ammoniaca rispetto a quelli dell’asteroide Ryugu e della maggior parte delle meteoriti. Le analisi delle abbondanze isotopiche di azoto-15 indicano che l’ammoniaca e altre molecole solubili contenenti azoto sono state sintetizzate in una nube molecolare fredda o nel disco protoplanetario esterno, ovvero prima che si formassero i pianeti del nostro sistema solare. I colleghi della Nasa hanno estratto dai campioni 14 aminoacidi dei 20 utilizzati nella biologia terrestre, e tutte e cinque le nucleobasi presenti nel Dna e nell’Rna. Inoltre, sono state estratte ammine, formaldeide, acidi carbossilici, idrocarburi policiclici aromatici e molecole eterocicliche, insieme a oltre 10mila specie chimiche contenenti azoto. Una vera e propria miniera di materiale organico. Le abbondanze relative degli amminoacidi e degli altri composti organici solubili suggeriscono che questi composti si siano formati tramite reazioni avvenute lentamente e a bassa temperatura. Ovvero, che il materiale che costituisce l’asteroide Bennu si sia sviluppato o accresciuto da miscele di ghiacci e polveri provenienti dal Sistema solare esterno. Queste scoperte rafforzano l’idea che gli asteroidi abbiano portato sulla terra il materiale che in seguito ha dato origine alla vita.

LA TAGSAM
Frammenti dell’asteroide Bennu all’interno del Touch and Go Sample Acquisition Mechanism di OSIRIS-REx.
Crediti: Nasa/E. Blumenfeld, J. Aebersold
COME UNA DELORAN
I campioni di Bennu sono una vera e propria macchina del tempo e possono rivoluzionare le nostre idee sulla formazione planetaria e le origini della vita.
Crediti: Nasa/E. Blumenfeld, J. Aebersold
L’INAF NELLA MISSIONE

Oltre alla partecipazione nella caratterizzazione di Bennu da remoto, il team italiano dell’Inaf ha attivamente analizzato alcune proprietà dei campioni. Infatti, nei giorni immediatamente successivi alla prima apertura del Tagsam il team dell’Inaf-Osservatorio Astronomico di Padova ha analizzato immagini ad altissima risoluzione dei primi quattro vassoi di regolite, con l’obiettivo di identificare i grani principali. Questo è stato un passaggio fondamentale nella procedura di catalogazione e ha permesso al team di iniziare subito a lavorare sui 10 grani più grandi. Successivamente, questa analisi è stata estesa a tutti e 12 i vassoi e alle taglie più piccole, fino a identificare 7154 grani di cui è stato misurato il diametro massimo. Il 95% è risultato essere più grande di 0,5 millimetri, mentre 34 sono più grandi di 1 centimetro, con il maggiore in dimensioni che è risultato essere di 3,5 centimetri. Queste analisi non avevano unicamente uno scopo di catalogazione, ma il loro principale obiettivo è stato quello di analizzare la Sfd. Infatti, il tipo di curva di interpolazione della Sfd e il suo indice sono in grado di fornire preziose informazioni sul tipo di processo che ha portato alla formazione di quei grani analizzati e a una loro successiva degradazione. Tramite il confronto delle curve di interpolazione delle Sfd dei grani campionati con quella del sito di campionamento ottenuta da remoto, sarà inoltre possibile capire se il campione è rappresentativo di Nightingale oppure ha risentito disgregazioni dovute alle vibrazioni meccaniche subite durante le fasi di campionamento e di rientro sulla Terra. Questi risultati e ulteriori analisi saranno spiegate in modo approfondito in articoli che verranno pubblicati nei prossimi mesi. 

BENNU AL MICROSCOPIO
Una particella scura, lunga circa un millimetro, con una crosta di fosfato brillante. A destra si vede un frammento più piccolo che si è staccato.
Crediti: Lauretta & Connolly et al. (2024) Meteoritics & Planetary Science

Completata la fase preliminare, la Nasa ha messo a disposizione dei laboratori di tutto il mondo i campioni di Bennu per poter condurre analisi più accurate. Una delle richieste accolte per ricevere un importante quantitativo di campioni è stata proposta da un team italiano a guida INAF con la collaborazione delle università di Pisa e Firenze. Le analisi ci permetteranno di avere una conoscenza completa del legame tra le osservazioni delle proprietà superficiali di Bennu ottenute con strumenti da remoto della missione Osiris-Rex e le misure di laboratorio. Presso i nostri laboratori verranno estratte e manipolate particelle micrometriche per eseguire analisi dettagliate sia di tipo mineralogico sia di tipo chimico. La maggior parte del campione sarà invece utilizzato per studiare i processi che sono avvenuti sull’asteroide Bennu e nel suo corpo genitore, processi registrati all’interno dei campioni. Questi rappresentano una sorta di capsula del tempo che racchiude la storia del nostro sistema solare e che spetta a noi decifrare. Uno studio che permetterà di unire la conoscenza microscopica dei campioni con le osservazioni macroscopiche della superficie di Bennu.

4,5 MILIARDI DI ANNI FA
È quando questi minerali si sono formati sul corpo progenitore di Bennu dall’evaporazione di acque salate e ricche di sodio, durante la nascita del Sistema solare.
Crediti: R. Wardell, T. Gooding e T. McCoy/Smithsonian.