Se si volessero ottenere immagini con la massima risoluzione teorica possibile, in cui le distorsioni sono ridotte al minimo e, infine, usarle per studiare i protopianeti e per rivelare esopianeti già formati attorno alle stelle più vicine al Sole? La risposta arriva da due strumenti, Shark-Nir e Shark-Vis, che trovano posto su Lbt.
Shark-Nir e Shark-Vis sono due nuovi strumenti per osservazioni a elevata risoluzione angolare e ad alto contrasto costruiti dall’Istituto nazionale di astrofisica per il Large Binocular Telescope (Lbt), il grande telescopio binoculare situato presso l’osservatorio di Mount Graham in Arizona, di cui l’Inaf è partner insieme a istituti statunitensi e tedeschi. I due strumenti osservano rispettivamente nel vicino infrarosso e nel visibile, e sono concepiti per funzionare in parallelo, usando i due specchi da 8,4 metri di diametro di Lbt (Shark-Nir è installato sul telescopio sinistro, Shark-Vis sul destro). Gli Shark sfruttano i sistemi di ottica adattiva (AO) di Lbt, anch’essi ideati e sviluppati dall’Inaf, che sono tra i migliori del mondo nel correggere le distorsioni delle immagini prodotte dalla turbolenza dell’atmosfera.

Il Large Binocular Telescope è situato presso l’osservatorio di Mount Graham in Arizona, a una quota di 3200 metri. L’Italia è fin dall’inizio fra i partner del progetto.
Crediti: Inaf/R. Cerisola
OBIETTIVI SCIENTIFICI
Il principale obiettivo scientifico degli Shark è la ricerca e caratterizzazione di esopianeti attraverso imaging diretto. Il fine è quello di rivelare i pianeti giganti gassosi nelle regioni esterne dei sistemi planetari extrasolari, per avere informazioni complementari sulla loro architettura rispetto a quelle ottenibili attraverso altre tecniche indirette, come quella basata sulle velocità radiali o sulla fotometria dei transiti. In particolare, grazie alla loro caratteristica unica di poter osservare simultaneamente nel visibile e nell’infrarosso, gli Shark mirano a studiare i protopianeti, ovvero i pianeti giganti nel momento della loro formazione all’interno dei dischi protoplanetari, e di fornire così dati fondamentali per la comprensione dei meccanismi di formazione ed evoluzione dei sistemi planetari. La capacità degli Shark di vedere scale angolari piccolissime li rende strumenti unici anche per altri casi scientifici, come lo studio dei dischi e dei jet nelle stelle giovani, degli inviluppi attorno alle stelle evolute, dei satelliti e dei corpi minori del Sistema solare, e per mappare in dettaglio le regioni interne dei più brillanti nuclei galattici attivi.

La struttura di Lbt alloggia su un’unica montatura meccanica con due specchi affiancati di 8,4 metri di diametro.
Crediti: Inaf/R. Cerisola
SHARK-VIS
Shark-Vis è uno strumento costruito dal gruppo guidato da Fernando Pedichini nel Laboratorio di ottica Dario Lorenzetti dell’Inaf-Osservatorio astronomico di Roma, istituto che si occupa anche della sua gestione scientifica. La missione di Shark-Vis è quella di mostrare il potenziale scientifico delle osservazioni con sistemi di ottica adattiva nella banda visibile. Nonostante la distorsione delle immagini causata dalla turbolenza atmosferica sia molto più difficile da contrastare alle lunghezze d’onda visibili rispetto a quanto avviene nell’infrarosso, le osservazioni AO nell’ottico con un telescopio della classe 8 metri come Lbt hanno il vantaggio di fornire in linea di principio una risoluzione angolare dell’ordine dei 15 mas (millisecondi d’arco), che corrisponde a circa 55 chilometri alla distanza di Giove, a 0,1 unità astronomiche per stelle distanti 5 parsec dal Sole (dove una unità astronomiche è pari alla distanza Terra-Sole e un parsec è pari a 3,26 anni luce) , e a 2 unità astronomiche alla distanza delle regioni di formazione stellare più vicine, situate a 150 parsec. La capacità di sondare scale spaziali così piccole rende Shark-Vis uno strumento unico per molti casi scientifici in cui tale aspetto è di primaria importanza, come ad esempio la ricerca di esopianeti e l’analisi della morfologia superficiale di satelliti e corpi minori del Sistema solare.

Fornisce la correzione in tempo reale delle distorsioni indotte dalla turbolenza atmosferica e permette agli Shark di osservare dettagli di poche decine di milliarcosecondi. Crediti: Inaf/R. Cerisola
Dal punto di vista tecnologico Shark-Vis è stato costruito con una serie di accorgimenti per ottenere immagini il più possibile vicine al limite di diffrazione, la massima risoluzione teorica possibile per il telescopio, e per ottimizzare l’alto contrasto, ossia la capacità di osservare oggetti deboli a distanze angolari molto piccole (minori di un arcosecondo) da sorgenti molto più luminose. Gli esopianeti, che sono ordini di grandezza più deboli della stella attorno alla quale ruotano, sono un tipico esempio in cui l’alto contrasto è necessario.
A tal fine, a valle della correzione dell’ottica adattiva lo strumento è dotato di un ulteriore sistema interno di stabilizzazione delle immagini e utilizza una camera veloce a bassissimo rumore che permette di registrare immagini a cadenza rapida (fino al kHz, il cosiddetto fast imaging). In queste immagini a posa breve le distorsioni residue della turbolenza atmosferica risultano “congelate”, permettendo così di usare tecniche di lucky imaging (selezione dei frame migliori), di riallineare le immagini a posteriori e di mediarle in modo da non perdere definizione, e di poter applicare procedure avanzate di deconvoluzione dei dati che sfruttano il grande numero di frame a disposizione.
Lo strumento può acquisire immagini con filtri a banda larga e a banda stretta, con la possibilità di usare coronografi per mascherare fisicamente la stella. I dati così acquisiti vengono trattati con tecniche di elaborazione specifiche per l’alto contrasto basate su imaging differenziale, alcune delle quali sviluppate appositamente per Shark-Vis dal team dello strumento.

È lo specchio terziario a deviare il fascio ottico al centro della struttura di Lbt e inviarlo ai diversi strumenti. Crediti: Inaf/R. Cerisola
Shark-Vis è ottimizzato in particolare per osservazioni ad alto contrasto nella riga di emissione dell’idrogeno Hα (656 nm). Questa emissione è un tracciante dei processi di accrescimento di materia e può essere utilizzata per rivelare i pianeti giganti gassosi nella loro fase di formazione (ovvero quando sono ancora protopianeti), durante la quale accumulano gas dal disco circumstellare in cui sono nati. Lo strumento possiede una modalità dual-band specifica per tali osservazioni, in cui vengono acquisite simultaneamente immagini in due filtri diversi (riga Hα e continuo adiacente), che sono sottratte l’una dall’altra per eliminare gran parte della luce della stella ed evidenziare solo l’eccesso di luce Hα proveniente dai protopianeti in formazione attorno ad essa. La ricerca di protopianeti è il progetto scientifico principale degli Shark e i team dei due strumenti hanno di recente iniziato una survey dedicata alla regione di formazione stellare del Toro-Auriga, a una distanza di circa 150 pc, nella quale gli strumenti lavoreranno in sinergia per scoprire e caratterizzare pianeti in formazione attorno a stelle giovanissime con età minori di 10 Myr.
Shark-Vis non cercherà però solo pianeti in formazione, ma proverà anche a rivelare esopianeti già formati attorno alle stelle più vicine al Sole osservando la loro luce riflessa, che rappresenta una delle prossime grandi sfide osservative della ricerca astronomica e un passo necessario per arrivare allo studio delle atmosfere degli esopianeti simili alla Terra.
Le osservazioni realizzate in fase di commissioning dello strumento durante il 2024 hanno già dato prova della grande acutezza visiva che Shark-Vis può raggiungere e del potenziale delle osservazioni AO nel visibile. Un esempio importante a tale riguardo sono state le osservazioni di Io, la luna vulcanica di Giove: Shark-Vis ne ha infatti ottenuto l’immagine a più alta risoluzione mai registrata da Terra, con dettagli di appena 80 km sulla superficie, che hanno permesso di identificare gli effetti di una recente eruzione vulcanica e di studiarne le caratteristiche e il meccanismo di formazione. Per avere un paragone, ciò corrisponde a essere in grado di distinguere una moneta da 1 euro a 200 km di distanza.

Lo strumento Shark-Vis costruito dall’Istituto nazionale di astrofisica e installato sullo specchio destro del Large Binocular Telescope, Monte Graham, Arizona. Crediti: Inaf
Con Shark-Vis l’Inaf non ha solo costruito uno strumento che permette di esplorare risoluzioni angolari così alte, ma anche dato il via a un fondamentale esperimento precursore per studiare, sviluppare e sperimentare tecniche strumentali e algoritmi innovativi per le osservazioni AO ad alto contrasto nella banda ottica, che saranno utilissime per il futuro telescopio gigante Elt dell’Eso, con specchio da 39 metri, attualmente in fase di costruzione in Cile.

L’alloggiamento di Shark-Vis su Lbt. Lo strumento garantisce altissime risoluzioni: può individuare una moneta a 200 km di distanza.
Crediti: Inaf
SHARK-NIR
Shark-Nir è una camera coronografica sviluppata da un team di ricerca composto da diversi istituti Inaf e da istituti esteri come lo Steward Observatory negli Stati Uniti e il Max-Planck-Institut für Astrophysik (Mpia) in Germania, e coordinato da Jacopo Farinato presso l’Osservatorio astronomico di Padova. Questa avanzata strumentazione è progettata per operare nelle bande Y, J e H del vicino infrarosso, specificamente nelle lunghezze d’onda comprese tra 0,96 e 1,7 micrometri. Tale regione dello spettro elettromagnetico ha un ruolo fondamentale nello studio di esopianeti, nuclei galattici attivi e corpi minori del Sistema solare. In particolare gli esopianeti giganti giovani, ancora caldi dalle prime fasi della loro formazione, hanno una significativa emissione nell’infrarosso e la loro osservazione in questa banda rappresenta un’importante finestra sulle prime fasi della formazione ed evoluzione di sistemi planetari. Per asteroidi e lune del Sistema solare l’infrarosso permette di analizzare la loro composizione superficiale e cercare tracce di attività vulcanica sotto la superficie dei satelliti. Nel caso dei nuclei galattici attivi, l’infrarosso permette invece di superare gli ostacoli rappresentati dalle polveri galattiche che ne oscurano i nuclei, consentendo uno sguardo senza precedenti sull’accrescimento dei buchi neri che ne rappresentano il cuore.
Dopo essere stato assemblato all’Osservatorio astronomico di Padova, Shark-Nir è stato spedito a Lbt nel giugno 2022 per essere sottoposto a rigorosi test di allineamento interno e valutazione delle performance strumentali nella clean room del telescopio e venire infine installato sullo specchio principale sinistro del grande telescopio binoculare nell’ottobre dello stesso anno. A seguito di una fase di collaudo strumentale durata un anno, nella quale le capacità osservative dello strumento sono state testate per la prima volta durante vere osservazioni astronomiche, Shark-Nir ha infine dato il via alle sue operazioni scientifiche nell’ottobre 2023. Da allora, lo strumento continua a essere utilizzato nella ricerca di pianeti extrasolari, così come nella caratterizzazione di dischi protoplanetari, nuclei galattici attivi e nello studio di oggetti ben più vicini a noi come asteroidi e lune del nostro Sistema solare.

Shark-Nir, lo strumento per la ricerca di esopianeti che fornisce immagini coronografiche ad alto contrasto, è incastonato sul perimetro dello specchio destro di Lbt.mCrediti: Inaf
Al fine di raggiungere questi obiettivi scientifici Shark-Nir è progettato per permettere diverse modalità osservative, rendendolo uno strumento adatto all’osservazione di vari oggetti astronomici. Se corpi minori del Sistema solare e galassie distanti possono essere osservati direttamente, la ricerca di compagni planetari richiede l’utilizzo di maschere coronografiche che blocchino la forte luce della stella centrale per rivelare l’emissione più debole proveniente dai pianeti che la orbitano. Oltre al classico coronografo di tipo Gaussiano, che blocca l’emissione luminosa al solo centro del campo di vista, Shark-Nir può contare anche su tre coronografi di tipo shaped pupil (uno dei quali simmetrico e due asimmetrici) progettati per restringere la zona di ricerca a zone prossime alla stella per aumentare la sensibilità alla flebile emissione infrarossa di compagni planetari. Inoltre Shark-Nir non è solo in grado di scoprire compagni planetari ma anche di determinare la composizione atmosferica, grazie alle sue maschere a fenditura con occultatore incorporato che permettono la lettura dello spettro di emissione del pianeta osservato. Esiste, infine, una modalità osservativa che permette l’utilizzo contemporaneo di due filtri scientifici in due bande infrarosse diverse, aiutando a distinguere compagni planetari da nane brune o strutture dei dischi planetari.
Dall’inizio delle sue attività scientifiche Shark-Nir è stato impiegato in sinergia con gli altri strumenti installati a Lbt, in particolare con la sua controparte dello spettro visibile Shark-Vis e con LmirCam operativo a lunghezze d’onda maggiori in banda L, contribuendo allo studio su più bande spettrali di corpi e fenomeni astronomici. Partendo da regioni vicine al nostro pianeta, particolare attenzione è stata data agli asteroidi del Sistema solare e a Io, la luna di Giove che è scenario di potenti eruzioni e ospita camere magmatiche che lo sguardo infrarosso di Shark-Nir è in grado di caratterizzare.
Passando invece all’ambito esoplanetario, principale area di ricerca dello strumento, uno dei più prolifici casi scientifici è rappresentato dalla ricerca e caratterizzazione di dischi protoplanetari e pianeti giovani in zone di formazione stellare quali le nubi molecolari della costellazione del Toro. Qui, il calore residuo dei pianeti ancora in fase di raffreddamento può essere facilmente rilevato nelle bande infrarosse investigate da Shark-Nir permettendo uno sguardo senza precedenti sulla formazione di sistemi planetari. Altro punto di interesse in questa prima fase di osservazioni è la ricerca di compagni massicci e di lungo periodo attorno a stelle caratterizzate da una significativa anomalia di moto proprio, un indicatore derivato dal confronto delle misure astrometriche raccolte dalle missioni Hipparcos e Gaia che può suggerire la presenza di compagni massicci a grandi separazioni. La ricerca di questi perturbatori astrometrici attraverso altre tecniche di scoperta esoplanetaria (es. velocità radiali o transiti) può essere difficile in virtù del loro lungo periodo, ed è proprio qui che l’imaging si rivela particolarmente efficace, con Shark-Nir che ha già prodotto due studi scientifici (Mesa et al. 2025, Barbato et al. 2025) per presentare i primi risultati di questa ricerca ancora in corso.