I tesori di Juice e Euclid

I tesori di Juice e Euclid

Due missioni dell’Agenzia spaziale europea si fanno ricerca, ma anche testimonianza di bellezza. Juice ed Euclid studiano le nostre origini cosmiche portando con loro alcuni dei tratti più peculiari dell’umanità: la creatività artistica e il passato storico.

Il pannello della coperta termica, con incise le prime osservazioni delle lune di Giove da parte di Galileo, viene fissato sulla sonda Esa Juice. Crediti: ESA/M.Pedoussaut

Una ha per destinazione Giove, il più grande tra i pianeti alla corte del Sole, che a sua volta coltiva una ragguardevole corte di piccole e grandi lune, in cerca di condizioni favorevoli al fiorire della vita. L’altra è destinata a restare più vicino, un milione e mezzo di chilometri da Terra, in quel secondo punto lagrangiano attorno al quale si affollano satelliti tra i più ambiziosi concepiti dall’umanità; da lì si spingerà a distanze che sfidano l’immaginazione più ardita, miliardi di anni addietro nella storia del cosmo per comprendere la natura delle misteriose componenti che lo permeano: la materia oscura e l’energia oscura. Sono rispettivamente Juice (Jupiter Icy Moons Explorer) ed Euclid, due missioni dell’Agenzia spaziale europea che, oltre all’anno dell’atteso lancio, condividono la ricerca delle nostre origini cosmiche, dai primordi dell’universo ai primi tasselli della vita. Condividono pure tanto contributo italiano, dalla scienza alla tecnologia, e un altro piccolo dettaglio: entrambe portano a bordo un manufatto dell’ingegno e della creatività umana.

Juice studierà da vicino Ganimede, Europa e Callisto, tre delle quattro “lune galileiane” in orbita attorno a Giove, scoperte dal celebre astronomo italiano che per primo scrutò la volta celeste con un occhio potenziato. Galileo pubblicò le sue prime osservazioni al cannocchiale nel Sidereus Nuncius, stampato nel 1610 in 550 esemplari e celebrato oggi con una placca sulla navicella spaziale recante la riproduzione di alcune pagine iconiche. A fornire le pagine, stampate sull’isolante multistrato che avvolge la sonda per mantenerne stabile la temperatura, è stato l’Istituto nazionale di astrofisica, che custodisce fra i suoi tesori storici ben due copie del rivoluzionario volume, presso le sedi di Roma e Milano.

Una delle prime 550 copie stampate a Venezia nel 1610 è oggi custodita nella biblioteca del Museo astronomico Copernicano dell’Istituto nazionale di astrofisica, Roma.

Euclid, invece, punta i suoi due occhi – uno ottico e l’altro infrarosso – sull’universo lontano. Misurando minute distorsioni nelle immagini di miliardi di galassie proverà a dare un volto alla sfuggente materia oscura che pervade l’universo e deflette il percorso della luce proveniente da sorgenti più distanti. Ponderando le distanze in questo mare di galassie, potrà anche ricostruire la storia di espansione del cosmo e afferrare l’intangibile energia oscura. Un’impresa monumentale, immortalata dall’artista Lisa Pettibone nell’opera d’arte collettiva The fingertip galaxy, creata durante uno dei meeting annuali del consorzio che ha costruito Euclid. Nel corso di vari giorni, oltre 250 tra scienziati e ingegneri da tanti paesi d’Europa e del mondo hanno lasciato un segno su una tela con la punta delle dita intinta d’inchiostro, dando lentamente forma a una galassia. L’opera, incisa al laser su una placca di alluminio, fa bella mostra di sé su un fianco del telescopio spaziale, memento di quel pezzo d’umanità che ha concepito la missione e che, a bordo della sonda, vivrà ben oltre le nostre speculazioni sulla natura e il destino ultimo dell’universo.