Intrecci cosmici decoloniali

Intrecci cosmici decoloniali

Stelle, pianeti e altri corpi celesti incontrano la materialità di ordini e spedizioni online in una serie di opere d’arte che si interrogano sul futuro che vogliamo per la ricerca e l’esplorazione spaziale.

FUTURE GEOGRAPHY
Clarissa Tossin, Future Geography: First Deep Field, 2023. Cartone da imballaggio, stampa a getto d’inchiostro d’archivio su carta fotografica con laminazione, legno, 160 x 167 x 5 cm. Crediti: B. Wilcox

Da lontano, sembrano immagini dell’universo. Qua e là manca qualcosa, un po’ come se queste “istantanee” le stessimo ricevendo in diretta dallo spazio, scaricando i dati con una connessione che collabora poco. E così la superficie di Marte, la nebulosa con tripudio di formazione stellare oppure le galassie del cosmo profondo le vediamo solo a pezzetti.

Quando ci avviciniamo, però, le opere di Clarissa Tossin rivelano la trama di una tessitura più complessa. Una trama fatta sì di suggestive foto del cosmo riprese da sonde e telescopi spaziali, ma anche di macchie beige, scure frecce ricurve e adesivi sbiaditi con codici a barre stampati sopra. Sono le scatole del più celebre servizio di e-commerce al mondo, ridotte a strisce e intrecciate, secondo un’antica tradizione di lavorazione delle fibre dell’Amazzonia, insieme ad altrettante fascette di carta ricavate dalle immagini astronomiche.

«Nel lento e laborioso processo di appiattire le scatole, tagliarle a strisce e intrecciarle, trovo un prezioso contrappunto ai cicli rapidi e dispendiosi di estrazione, produzione e consumo di risorse di massa che hanno costruito (e distrutto) il nostro mondo», racconta a Universi Tossin, che dal 2016 si dedica a questa pratica, raccogliendo scatole dalle consegne di amici, dal vano spazzatura del suo palazzo a Los Angeles, dalla strada quando ne trova in buone condizioni e dai suoi (occasionali, ci tiene a sottolineare) ordini online. «Questi intrecci evidenziano anche i modi in cui l’artigianato coinvolge la mano umana, portando il calore e la connessione a cui molti di noi anelano nella frammentata era digitale. Lo stesso uso della mano fa riferimento all’estetica embodied (legata al corpo, ndr) e non gerarchica dell’arte contemporanea, richiamandosi a ciò che è fatto a mano, artigianalmente, e all’uso di pattern come qualcosa di condiviso, democratico, inclusivo – diametralmente opposto alle rivendicazioni esclusive di proprietà sovrana o aziendale».

CLARISSA TOSSIN
È un’artista visiva che si serve di diversi linguaggi per realizzare le sue opere: installazioni, video, performance, sculture e fotografie. Crediti: N. Stone

L’ambientazione cosmica non fa meramente da sfondo, ma offre spunti alla riflessione dell’artista, originaria di Porto Alegre, nel sud del Brasile, che vede lo spazio extraterrestre «non certo come un luogo da conquistare». La serie, intitolata Future Geography, rievoca la storia dell’estrattivismo terrestre e il suo retaggio coloniale, guardando con spirito critico ai futuri piani di sfruttamento minerario della Luna. Le opere ritraggono i crateri Shackleton e Jezero, luoghi emblematici dell’esplorazione lunare e marziana, e più recentemente una selezione delle immagini iconiche del telescopio spaziale James Webb.

«Intrecciando elementi di commercio e ricerca scientifica, questi lavori attirano l’attenzione sul coinvolgimento del settore privato nell’esplorazione spaziale», nota Tossin, il cui lavoro, aggiunge, «si confronta con la creazione artistica da un luogo di connessione ed empatia in cui scienza, materialità e tatto – il fatto a mano – si uniscono in una fusione di segni che punta all’intelligenza emotiva come antidoto al richiamo dell’intelligenza artificiale e di altri fantomatici futuri».

Alcune delle opere sono state esposte in due personali negli Stati Uniti, al Frye Art Museum di Seattle (2023-2024) e al Museum of Contemporary Art di Denver (2022), oltre che a Los Angeles, Mulhouse e São Paulo. Saranno in mostra alla triennale Prospect.6 di New Orleans, che apre le porte il prossimo 2 novembre.