Il bilancio sociale dell’Inaf

Il bilancio sociale dell’Inaf

Per capire l’impatto di un’impresa non basta calcolare il valore economico che essa produce. E se è vero per un’azienda tradizionale, lo è a maggior ragione per la ricerca scientifica, che genera economie, tecnologia, cultura e molto altro. Ecco perché serve un bilancio sociale. 

RESPONSABILITÀ SOCIALE
Anche l’Inaf sta redigendo un documento per comunicare gli esiti della sua attività, senza limitardi ai soli aspetti finanziari e contabili. Crediti: Pexels

Si chiama bilancio, ma non è un bilancio: è il frutto di un’errata traduzione dal tedesco che, invece di bilancio in senso contabile, voleva intendere un bilanciamento degli aspetti economici con quelli sociali. Oggi comunque è uno strumento che permette di rendere conto agli stakeholder, i portatori di interesse, del valore sociale creato da un’impresa in aggiunta al normale valore economico.

Il tema della rendicontazione sociale, tuttavia, ha interessato da alcuni anni anche le pubbliche amministrazioni italiane nell’ambito del più ampio tema della trasparenza e, più recentemente, anche gli enti di ricerca che si sono attivati per gestire un gap informativo per troppo tempo trascurato. La ricerca è pagata da tutti ma compresa da pochi, e purtroppo la ricaduta sociale di questi enti rimane per l’opinione pubblica poco più di un’intuizione. 

Gli americani hanno stimato che la ricaduta dei progetti della Nasa per andare sulla Luna ha fruttato qualche cosa come 180mila nuovi brevetti che hanno cambiato la vita di tutti noi. La nostra ricerca scientifica non è da meno, ma la nostra opinione pubblica non ha gli strumenti per conoscere quale sia l’effetto moltiplicatore sotto il profilo economico delle commesse assegnate alle imprese, e neanche intuire le ricadute tecnologiche, sociali, culturali, scientifiche dell’attività di questi enti. Forse serve una rendicontazione sociale anche per loro? Ebbene sì.

Una volta si chiamava “outcome” oggi si chiama “valore pubblico”, un elemento che gli enti di ricerca devono esplicitare chiaramente nella loro gestione della performance. La cosa non è così semplice: già non è chiaro per gli stessi operatori che cosa si intende per valore pubblico, figuriamoci se può essere chiaro agli stakeholder. Il valore pubblico è un grande contenitore che ogni ente deve riempire di contenuti. Un ente come l’Inaf, per esempio, crea indubbiamente un Pil economico, culturale, tecnologico, scientifico, di relazioni internazionali: tutti elementi che si possono intuire, ma che se non si misurano non si possono rendicontare.  

Facciamo un esempio. Il personale che lavora in un ente di ricerca rappresenta una curva cumulata di competenze, di esperienze, di specializzazioni, di progetti realizzati, di innovazione; purtroppo, nonostante questo patrimonio intellettuale costituisca una infrastruttura tecnica a disposizione del Paese di cui andare tutti orgogliosi, oggi riusciamo quando va bene a rendicontare solo il numero di dipendenti e il loro costo. 

L’Inaf ha iniziato lo scorso anno un percorso per arrivare a pubblicare un bilancio sociale dell’ente, nonché a rendere più trasparenti i processi decisionali, come testimonia l’esperimento del dibattito elettorale fra i candidati elettivi al consiglio di amministrazione. Se è vero che la ricerca e l’innovazione costituiscono il passaporto per il futuro non vi è dubbio che la rendicontazione rappresenterà non solo un elemento per costruire consenso, ma anche un modo per far innamorare della scienza le nuove generazioni. Un amore di cui Piero Angela aveva compreso l’importanza e di cui oggi abbiamo un estremo bisogno.