Uno sguardo 3D sugli ammassi globulari

Uno sguardo 3D sugli ammassi globulari

Come si sono formati i più vecchi sistemi stellari dell’universo, ovvero gli ammassi globulari? Sono necessari meccanismi particolari per formare quelli più massicci? Cosa determina le proprietà chimiche e cinematiche delle stelle negli ammassi stellari? Di fatto la comprensione dei processi fisici che guidano la formazione e l’evoluzione iniziale degli ammassi globulari è una delle più affascinanti e discusse domande dell’astrofisica degli ultimi 25-30 anni. 

Gli ammassi globulari sono aggregati stellari che possono includere fino a un milione di stelle, con masse che variano tipicamente da quella del Sole fino a un suo decimo. Tutte le stelle in un ammasso globulare sono posizionate approssimativamente alla stessa distanza da noi e sono tenute insieme in una configurazione pressoché sferica dalla mutua attrazione gravitazionale. Con età che possono arrivare fino a 12-13 miliardi di anni, gli ammassi globulari sono tra i primi sistemi a essersi formati nell’universo (si ritiene che il big bang, l’evento che ha dato origine all’universo, sia avvenuto circa 13,7 miliardi di anni fa) e rappresentano una popolazione tipica di tutte le galassie.

La rilevanza astrofisica degli ammassi globulari è enorme. Infatti essi spaziano da essere test indipendenti per modelli cosmologici per la formazione dell’universo, resti “fossili” dell’epoca di formazione della Via Lattea e strumenti fondamentali per tracciare la formazione, l’evoluzione e l’arricchimento chimico delle galassie, fino a essere traccianti della presenza e delle proprietà di aloni di materia oscura, elaboratori ideali per studi di evoluzione e dinamica stellare. 

M22
L’ammasso globulare Messier 22, agli infrarossi del telescopio Vista. Lo scatto fa parte di una mappa infrarossa da record della Via Lattea che contiene oltre 1,5 miliardi di oggetti. Crediti: Survey Eso/Vvvx
SEMPLICITÀ APPARENTE
IN MOVIMENTO
Riproduzione grafica dell’effetto di rotazione delle stelle in un ammasso globulare. Crediti: Inaf

Gli ammassi globulari sono tra i sistemi cosmici più studiati e le loro prime osservazioni risalgono ormai a qualche secolo fa. La scoperta del primo ammasso globulare, oggi noto come M22 (NGC 6656), viene solitamente fatta risalire al 1665 a opera dell’astronomo amatoriale tedesco Abraham Ihle. Tradizionalmente gli ammassi globulari sono stati considerati prototipi di sistemi stellari semplici, ovvero agglomerati di stelle che condividono la stessa età e composizione chimica, formatesi attraverso un unico evento di formazione stellare. Tuttavia, risultati ottenuti in modo sistematico negli ultimi venti o trent’anni hanno radicalmente rivoluzionato questa visione, suggerendo che in realtà gli ammassi globulari sono sistemi stellari alquanto complessi, che sperimentano una storia di formazione ed evoluzione iniziale decisamente più elaborata di quanto storicamente ritenuto. 

Verosimilmente, l’evidenza osservativa più significativa a questo riguardo è l’esistenza delle cosiddette popolazioni multiple, ovvero gruppi di stelle nello stesso ammasso globulare che differiscono nell’abbondanza di numerosi elementi chimici leggeri, quali per esempio elio, sodio, azoto e ossigeno. Alcune stelle negli ammassi globulari hanno una composizione chimica simile a quella delle altre stelle della Via Lattea (o più in generale della galassia ospitante) ed esse vengono comunemente definite come Prima popolazione o generazione. Le rimanenti stelle hanno abbondanze chimiche anomale, ossia osservate solo negli ammassi globulari, e sono identificate come Seconda popolazione o generazione. La rilevanza (numerica) di una o dell’altra sottopopolazione dipende fortemente dalla massa dell’ammasso globulare, con i sistemi più massicci costituiti fino al 70-75% da stelle di Seconda popolazione. 

M10
L’ammasso globulare galattico M10 catturato dal telescopio spaziale Euclid.
Crediti: Esa/Euclid/Euclid Consortium/Nasa

L’identificazione delle popolazioni multiple negli ammassi globulari è storicamente il risultato di accurate analisi di abbondanze chimiche. Tuttavia la loro presenza può essere efficacemente tracciata anche fotometricamente, attraverso l’analisi di diagrammi colore-magnitudine che fanno uso di specifiche combinazioni di filtri ultravioletti o infrarossi. Immagini accurate ottenute dai telescopi spaziali Hubble Space Telescope e più recentemente James Webb Space Telescope hanno infatti fornito un significativo contributo alla caratterizzazione di questo fenomeno, garantendo osservazioni di grandi campioni di stelle, un’analisi omogenea e accurata anche per stelle poco luminose e di piccola massa (le cosiddette nane brune) e un esteso orizzonte spaziale che arriva fino alla galassia gigante ellittica M87, a circa 54 milioni di anni luce da noi. Sappiamo ora che la presenza di popolazioni multiple negli ammassi globulari è un fenomeno universale: si possono osservare virtualmente in tutti gli ammassi globulari relativamente massicci (con masse superiori a circa 10mila masse solari) della Galassia, in galassie nane o irregolari (come le vicine Nubi di Magellano) così come nelle galassie ellittiche. Inoltre, questo fenomeno sembrerebbe essere tipico di ammassi globulari di ogni età, inclusi quelli di 12-13 miliardi di anni fino agli ammassi di “soli” 2 miliardi di anni.

Formazione stellare ed evoluzione delle galassie

È ormai generalmente accettato che le variazioni nelle abbondanze degli elementi leggeri siano conseguenza diretta dei processi di formazione ed evoluzione iniziale degli ammassi globulari. Questa evidenza pone lo studio di questi sistemi stellari all’intersezione tra quelli di formazione stellare e di evoluzione delle galassie. 

Negli anni, sono stati proposti molti modelli e teorie per poter fornire una descrizione quantitativa del fenomeno delle popolazioni multiple. Schematicamente possiamo raggrupparli in due macro-categorie. La prima prevede che le popolazioni multiple si formino in eventi multipli (almeno due) di formazione stellare, che avvengono al massimo in un intervallo di tempo di 50-100 milioni di anni. Il primo evento di formazione dà origine alle stelle di Prima popolazione, mentre le stelle di Seconda popolazione si formano dal gas espulso da specifiche categorie di stelle massicce di Prima popolazione. La seconda macro-categoria invece include modelli che predicono che tutte le stelle si siano formate contemporaneamente e che le stelle di Seconda popolazione si siano eventualmente arricchite durante la loro fase pre-stellare (detta pre-sequenza principale) inglobando del gas ancora presente al centro dell’ammasso. Tuttavia, indipendentemente dalle specifiche differenze, tutti i modelli utilizzati finora hanno problemi nel riprodurre le osservazioni e al momento manca ancora una spiegazione auto-consistente riguardo la formazione ed evoluzione iniziale degli ammassi globulari. 

M92
Un dettaglio dell’ammasso globulare Messier 92 ripreso dallo strumento NIRCam di Jwst. In M92 ci sono circa 300 mila stelle raggruppate in una sfera di 100 anni luce di diametro. Crediti: Nasa/Esa/Csa/A. Pagan (STScI)
LA CINEMATICA STELLARE 3D

Un approccio innovativo per poter affrontare questo annoso problema consiste in un’analisi chemo-dinamica delle popolazioni stellari negli ammassi globulari, ovvero nell’analisi di come stelle con differenti abbondanze chimiche si muovono all’interno degli ammassi stessi. Gli ammassi globulari sono sistemi “vivi”, in cui le interazioni gravitazionali tra stelle modificano la distribuzione spaziale e di velocità delle stesse (questa è la cosiddetta evoluzione dinamica), rendendoli a volte teatro degli eventi più estremi conosciuti nella dinamica stellare. È evidente, pertanto, che in sistemi stellari così attivi la formazione delle popolazioni stellari e la loro evoluzione dinamica non possano essere trattate separatamente. C’è infatti grande consenso nella comunità sul fatto che la comprensione delle proprietà cinematiche e strutturali attuali delle popolazioni multiple possa fornire informazioni fondamentali riguardo alle fasi di formazione ed evoluzione iniziali degli ammassi globulari. 

Questo tipo di studio è diventato accessibile e applicabile in modo sistematico a campioni di ammassi rappresentativi solo recentemente, grazie a importanti sviluppi tecnologici e alla disponibilità di nuovi telescopi e strumenti sia da terra sia dallo spazio – la cui realizzazione vede una grande partecipazione italiana – che rendono possibile una accurata lettura del moto delle stelle anche in sistemi stellari estremamente densi e compatti come gli ammassi globulari. La combinazione di moti propri (ovvero del moto delle stelle nel piano del cielo) e velocità radiali (ovvero del moto lungo la direzione tra l’osservatore e la stella) – ora note per centinaia di migliaia di stelle in ammassi globulari grazie al telescopio spaziale dell’European Space Agency Gaia e ai dati ottenuti con grandi telescopi da terra del diametro di 8-10 metri, incluso il Very Large Telescope dell’European Southern Observatory – ha finalmente garantito una visione tridimensionale (3D) senza precedenti della distribuzione di velocità delle stelle negli ammassi globulari. 

Una recente analisi di queste osservazioni, condotta da un gruppo di ricercatori internazionale guidati dall’Inaf, ha fornito la prima descrizione empirica delle proprietà cinematiche 3D delle popolazioni multiple e del modo in cui esse evolvono durante la vita degli ammassi globulari. In particolare, è emerso che stelle con differenti abbondanze di elementi leggeri sono caratterizzate da differenti velocità di rotazione all’interno dell’ammasso e differenti distribuzioni delle loro orbite. Stelle di Seconda popolazione ruotano all’interno dell’ammasso più velocemente delle altre e premono per distribuirsi progressivamente su orbite sempre più periferiche. Una delle informazioni chiave è che le differenze chemo-dinamiche delle popolazioni multiple non sono casuali, al contrario l’intensità di queste variazioni è inversamente proporzionale al grado di evoluzione dinamica degli ammassi globulari: per ammassi poco evoluti dinamicamente si osservano differenze cinematiche più grandi, mentre esse tendono a diventare progressivamente più piccole per ammassi con gradi di evoluzione dinamica più avanzati.

Questi risultati empirici hanno importanti implicazioni sulla comprensione della formazione degli ammassi globulari. Infatti, suggeriscono che le stelle con abbondanze chimiche anomale si formino inizialmente in un sottosistema stellare più compatto e rapidamente rotante rispetto al resto dell’ammasso. Questo di conseguenza suggerirebbe che gli ammassi globulari abbiano sperimentato processi di auto-arricchimento, che hanno portato all’accumulo di gas prodotto da stelle massicce di Prima popolazione nelle regioni centrali, dando vita a eventi multipli di formazione stellare, similmente a quanto avviene nelle galassie.

Questi risultati forniscono un tassello importante nella definizione dei processi fisici alla base della formazione ed evoluzione di ammassi stellari massicci, contribuendo in modo significativo alla risoluzione di una delle domande aperte più pressanti nell’ambito dello studio delle popolazioni stellari. In aggiunta, essi hanno implicazioni significative su numerosi ambiti della ricerca astrofisica che includono la comprensione dei processi e della scala della formazione stellare, il collegamento tra la dinamica stellare e quella del gas, la possibile formazione di sorgenti di onde gravitazionali, la nostra comprensione della formazione delle galassie in un contesto cosmologico.

16 AMMASSI GLOBULARI
Quelli di cui abbiamo una descrizione
osservativa pionieristica del modo in cui le
stelle si muovono al loro interno e della loro
evoluzione fin dall’epoca di formazione.
Crediti: Esa/Hubble, Eso, Sdss