Quello sardo è il più giovane degli osservatori astronomici dell’Inaf e affonda le sue radici nel 1899 a Carloforte. Nell’attuale sede di Selargius, un’area espositiva custodisce gli strumenti storici e lavora per ottenere lo status di museo a tutti gli effetti.
L’Osservatorio astronomico di Cagliari (Inaf-Oac) ha origine nel 1899, quando venne istituito il Servizio internazionale delle latitudini (Ils) . L’Ils prevedeva di installare sei osservatori sparsi per il mondo al fine di individuare le cause di piccole variazioni della posizione dell’asse di rotazione terrestre, più limitate rispetto ai movimenti, già ampiamente conosciuti, della precessione degli equinozi e delle nutazioni. Fu questa una delle prime collaborazioni scientifiche internazionali a cui partecipava l’Italia unita, e anzi, fu proprio il matematico e astronomo napoletano Emanuele Fergola a proporre alla Commissione geodetica internazionale la necessità di istituire un servizio in tal senso. Per raggiungere lo scopo, l’Ils uniformò anzitutto la posizione delle varie stazioni che avrebbero dovuto coprire l’intero emisfero nord: venne individuata una latitudine intermedia, dal clima temperato e passante per buona parte del mondo industrializzato di allora, ovvero il parallelo a 39° 08’ nord.
Non fu però Cagliari a essere scelta come unica stazione astronomica europea da affiancare a Mizusawa (Giappone), Kitab (Russia) e alle nordamericane Cincinnati, Gaithersburg e Ukiah Infatti, le venne preferito un luogo più salubre in quanto a febbri malariche. Questo posto era Carloforte, un piccolo borgo marinaro fondato da pescatori e commercianti liguri sull’isola di San Pietro, nel sudovest della Sardegna. La sede dell’osservatorio fu individuata nella torre di San Vittorio, un forte difensivo del 1768 che, estinta la pirateria barbaresca, fu convertito a luogo di scienza. Accanto al porto in cui di giorno risuonavano le urla dei pescatori genovesi, gli astronomi padovani Giuseppe Ciscato ed Emilio Bianchi iniziarono le osservazioni nel silenzio della notte del 24 ottobre del 1899.
Oltre alla latitudine, le stazioni condividevano anche semplici strumenti meteorologici, come barometri e igrometri, un orologio a pendolo e, ovviamente, un telescopio zenitale, in modo da osservare i passaggi di coppie di stelle prossime alla verticale rispetto all’osservatore. Ogni astronomo osservava secondo il suo fuso orario, trascriveva i dati e li inviava via telegrafo al centro di calcolo di Potsdam, in Germania, dove venivano processati e resi disponibili alla comunità scientifica.
Dopo oltre mezzo secolo di servizio ininterrotto, nel 1970 a Carloforte la ricerca era a un punto morto, per cui, su impulso del nuovo direttore Edoardo Proverbio, fu inaugurato il nuovo Osservatorio astronomico di Cagliari a Capoterra, più vicino al capoluogo, in collaborazione con l’università. Tuttavia, le tecnologie satellitari sviluppate negli anni ottanta e novanta, specialmente il sistema Gps, resero obsoleto anche l’osservatorio di Capoterra. L’unica soluzione per sopravvivere era puntare a un nuovo radiotelescopio all’avanguardia da costruire in una zona libera da interferenze radio: nasceva così l’idea del Sardinia radio telescope (Srt).
La scelta ricadde su San Basilio, nel Gerrei, a 40 chilometri da Cagliari, ma la sede principale dell’osservatorio, proprio per evitare interferenze, fu individuata in una ex zona militare del comune di Selargius, nell’area della città metropolitana di Cagliari. Il nuovo osservatorio fu inaugurato nel 2013, contemporaneamente al grande radiotelescopio, e oggi dispone di un’area espositiva che ospita, tra tante altre cose, gli strumenti storici qui menzionati.