Il nuovo Codice della Proprietà intellettuale

La riforma del Codice della Proprietà intellettuale pone nuove sfide. Se da un lato essa evidenzia il ruolo sociale della ricerca, dall’altro mette la ricerca nella posizione di dialogare con una società con una sensibilità oggi molto diversa.

Con la recente riforma del Codice della Proprietà intellettuale si è voluta attribuire la titolarità dei diritti di sfruttamento dei risultati della ricerca all’ente di ricerca o all’università di appartenenza del ricercatore o della ricercatrice che ne è autore (che continua a conservarne i diritti di autore). Si è quindi modificata la precedente previsione normativa che, invece, attribuiva all’autore dell’invenzione anche la sua titolarità, lasciandogli la facoltà di cederla all’ente di appartenenza. La  nostra normativa va così a uniformarsi agli standard internazionali.

Tale riforma pone alle istituzioni di ricerca l’esigenza di aggiornare i propri regolamenti e anche le rispettive politiche di valorizzazione del know-how. Esse infatti adesso possono assumere una più marcata valenza di trasferimento alla società del patrimonio intellettuale della ricerca, rendendo la valorizzazione economica dei trovati solo uno degli obiettivi. Si rafforza così il ruolo di “impresa sociale” delle istituzioni di ricerca.

Questo cambiamento avviene in un contesto storico in cui lo schema valoriale socioeconomico globale in rapido mutamento rende più difficile definire le condizioni al contorno della analisi e le strategie di valorizzazione e trasferimento patrimonio know-how.

Occorre oggi infatti valutare una molteplicità di fattori nella definizione dei modelli di vendita o cessione in licenza e di revenue, dovendo tenere conto di una diversa e più marcata sensibilità sociale verso nuove tematiche quali: la sostenibilità ambientale, il principio del Do No Significant Harm (Dsnh), l’eticità delle filiere, nonché dover rispettare la crescente attenzione alla trasparenza e all’accountabilty dei processi decisionali (ad esempio la governance delle società di spin-off o i criteri di degli operatori economici licenziatari dei brevetti), la definizione di procedure che contribuiscano a ridurre il rischio di fenomeni di corruzione o di asimmetrie informative di mercato.

Nel quadro dei cambiamenti socioeconomici, si aggiunge anche la nuova e crescente esigenza di tutela della sicurezza del patrimonio di conoscenze, la cui perdita o sottrazione potrebbe infatti trasformarsi in una minaccia potenziale al sistema di produzione di conoscenza e dei suoi operatori, alla competitività del sistema economico nazionale e degli operatori economici che vi operano.

Va quindi profilandosi l’esigenza di ampliare le funzioni degli uffici di trasferimento tecnologico, con l’integrazione di competenze in tema di sicurezza e integrità della ricerca che consentano di sviluppare delle strategie che vadano oltre l’identificazione degli strumenti di tutela giuridica dei trovati e puntino alla salvaguardia del sistema di produzione di know-how, senza però pregiudicare la missione di trasferimento e valorizzazione socioeconomica.

Attualmente il governo sta lavorando all’elaborazione di un modello nazionale di sicurezza e integrità della ricerca, in stretta collaborazione con la Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) e la Consulta dei Presidenti degli enti pubblici di ricerca (CoPER) e punta a definire il modello definitivo entro il 2026.

LA CARTRIDGE
Disegno concettuale del prototipo di ricevitore in banda 2 estesa presentato alla Preliminary Design Review di ALMA nel novembre 2017. Crediti: S. Rini, F. Villa