In questo momento, lontano da noi, sono in volo Spirit e Milani, due nanosatelliti con a bordo preziosi strumenti per scrutare lo spazio profondo.
Hermes, a bordo di Spirit, è un rilevatore di raggi X dell’Asi progettato per scansionare il cielo alla ricerca di lampi di raggi gamma, che si creano quando le stelle muoiono o si scontrano e per un attimo emettono più energia di un’intera galassia. Spirit è il primo dei sette nanosatelliti della costellazione Hermes Scientific Pathfinder, che sarà in grado di scansionare simultaneamente una grande area di cielo alla ricerca di lampi di raggi gamma e di localizzarli grazie all’analisi dei diversi tempi di arrivo del segnale della sorgente su almeno tre satelliti.
ll Cubesat Milani è a bordo di Hera, la missione dell’Esa per la difesa planetaria, lanciata lo scorso ottobre con il compito di effettuare un’analisi ravvicinata dell’asteroide Dimorphos. A bordo di Milani vola Vista (Volatile In-Situ Thermogravimetre Analyser), un rilevatore di polveri di fabbricazione italiana basato su microcristalli di quarzo, le cui risposte piezoelettriche sono leggermente alterate dall’adesione di minuscole particelle di polvere. Vista utilizzerà questa tecnologia per identificare l’acqua e altre specie volatili intorno agli asteroidi, nonché la presenza di polvere.
Questi gioielli della tecnologia – a guida scientifica Inaf – viaggiano a bordo di cubi di dieci centimetri di lato del volume di un litro. One unit (1U) è la dimensione dello spazio per lo spazio del futuro. Si chiama Cubesat la classe di minisatelliti con dimensione e fattore di forma standard, sviluppato originariamente nel 1999 dalla California Polytechnic State University e dalla Stanford University per fornire una piattaforma per l’esplorazione spaziale accessibile anche agli studenti universitari. Da allora, lo sviluppo dei Cubesat è diventato un settore industriale a sé stante, entrato a pieno titolo nell’ecosistema della nuova Space Economy, rappresentando oggi un accesso agevolato allo spazio. Non solo: i Cubesat sono piattaforme economiche per indagini scientifiche, dimostrazioni di nuove tecnologie in orbita, sperimentazioni in ambiente spaziale o di supporto a satelliti più grandi nei settori tradizionali dell’osservazione della Terra e delle telecomunicazioni, grazie alla possibilità di dispiegarsi in costellazioni, ottenendo una copertura globale e bassi costi.
I Cubesat consentono un accesso allo spazio anche a università o organizzazioni non profit. Persino il Vaticano – che certamente non ha messo in dubbio la nostra posizione nell’universo – ha lanciato in orbita in collaborazione con Asi la missione Spei Satelles, un piccolo satellite cubesat che trasmette dei messaggi di speranza che Papa Francesco ha pronunciato durante il suo magistero.
È in corso un processo di democratizzazione dello spazio, non più lontano e inaccessibile, che offre nuove opportunità e presenta numerose sfide etiche, addirittura mettendoci di fronte a un cambiamento di paradigma sulla nostra percezione dell’universo.