Lanciata il 29 maggio 2024, la missione EarthCare volge i suoi quattro strumenti verso la Terra per comprendere quale sia il ruolo che nuvole e aerosol svolgono nella regolazione del clima terrestre.
Prendersi cura del pianeta studiando come le sue caratteristiche contribuiscono al cambiamento climatico. Potremmo vedere questo dietro la realizzazione di EarthCare, la missione Esa/Jaxa che riassume nel nome il nobile intento. “Care” sta per Cloud Aerosol and Radiation Explorer, acronimo che ne dettaglia il piano esecutivo: osservare le nuvole e gli aerosol che sovrastano la superficie terrestre per capire come si formano e come interagiscono con la luce solare che entra nell’atmosfera e si dirige verso la Terra. Inoltre, EarthCare vuole capire come il calore viene irradiato dalla Terra verso l’universo attraversando strati di nuvole, e quale sia il bilancio fra ingresso e uscita. Temi sui quali ci sono molte lacune, ma che sono fondamentali per migliorare la capacità di prevedere il meteo a breve termine, il clima a lungo termine e i fenomeni meteorologici estremi sempre più frequenti proprio a causa dei cambiamenti climatici.
Earthcare vola a 393 km di quota. Al payload, il corpo del satellite, sono attaccate una lunga fila di pannelli solari e un’antenna di 2,5 metri di diametro, il Cloud Profiling Radar (Cpr). Il payload ospita quattro strumenti scientifici, due attivi e due passivi. I due strumenti passivi si limitano a osservare ciò che accade nell’atmosfera. Il primo è un imager multispettrale (Msi) che scatta immagini in sette intervalli di lunghezza d’onda, coprendo una vasta area e funge da riferimento sulla porzione di atmosfera osservata dagli altri strumenti. Il secondo è un radiometro a banda larga che serve per calcolare il bilancio radiativo, ovvero la differenza tra radiazione assorbita e rilasciata dalla Terra. Quando l’energia del Sole giunge al nostro pianeta, una parte viene assorbita, dispersa e riflessa all’interno dell’atmosfera prima di raggiungere la superficie, in un processo che dipende dall’azione di nuvole e aerosol. Anche la superficie terrestre emette radiazioni termiche nello spazio e, anche in questo caso, nuvole e aerosol influenzano la quantità di calore intrappolata o fuoriuscita. I due strumenti attivi funzionano inviando un segnale e guardando cosa ritorna e com’è cambiato. Il lidar atmosferico, Atlid, lo fa con la luce ultravioletta e fornisce profili verticali di aerosol e nuvole sottili. L’antenna Cpr, fornita dalla Jaxa, è un radar per la profilazione delle nuvole: trasmette impulsi elettromagnetici dal satellite e riceve impulsi riflessi, per osservare pioggia e ghiaccio all’interno delle nuvole e misurare il numero e l’altezza delle particelle di nubi presenti. Funzionano in sinergia: mentre Atlid vede l’atmosfera sottile all’esterno, dalle nuvole alla nebbia, alla foschia e alle particelle di polvere, Cpr guarda all’interno.
I dati raccolti da Msi, Atlid e Cpr verranno inseriti nei modelli matematici che calcolano il bilancio energetico in specifici punti dell’atmosfera e i risultati saranno confrontati con i dati del quarto strumento, il radiometro a banda larga. Questo processo permetterà di migliorare le previsioni per approssimazioni successive.
Come da tradizione, la Jaxa ha scelto per EarthCare anche un soprannome: Hakuryu – che in giapponese significa “drago bianco”. Forse perché il corpo bianco e la lunga coda di pannelli solari lo fanno somigliare a questo animale fantastico o perché nella mitologia giapponese i draghi sono creature divine che governano l’acqua e volano nel cielo. Una metafora appropriata per l’ambizione di questa missione.