Con la missione Taste indagheremo l’evoluzione iniziale del Sistema solare in termini di consegna di molecole alla base della vita.
Una questione ancora aperta in astrobiologia riguarda l’evoluzione dell’abitabilità nel Sistema solare. In che modo le sostanze volatili e le molecole prebiotiche alla base della vita sulla Terra, e forse anche sull’antico Marte, hanno raggiunto i pianeti durante il loro accrescimento? La conoscenza dell’origine di Deimos e Phobos potrebbe svelare la risposta.
Scoperte nel 1877 dall’astronomo Asaph Hall, Deimos e Phobos sono le uniche due lune di Marte. Circa la loro formazione sono state formulate due teorie principali: la teoria dell’impatto gigante e la teoria della cattura di asteroidi. La prima postula che entrambe le lune si siano formate per accrescimento dei detriti espulsi dal pianeta in seguito alla collisione di un corpo celeste. La seconda, invece, postula che le lune siano asteroidi primitivi provenienti dalla fascia degli asteroidi, tra Marte e Giove, catturati dalla gravità del pianeta. Qualunque sia la loro origine, lo studio delle lune marziane farà luce sulla formazione dei pianeti terrestri e sullo sviluppo dell’abitabilità nel Sistema solare. Se Phobos e Deimos sono asteroidi catturati, forniranno prove del trasporto d’acqua e materia organica dal Sistema solare esterno ai pianeti terrestri nel Sistema solare primordiale. Viceversa, se le lune si sono formate da Marte, ci racconteranno della composizione primordiale del pianeta, del corpo impattante e delle influenze degli impatti sulla storia di Marte.
Una missione che verrà lanciata con l’obiettivo di studiare Deimos, la più piccola delle due lune di Marte, è Taste, acronimo di Terrain Analyzer and Sample Tester Explorer. Finanziata dall’Asi nell’ambito di un programma dedicato allo sviluppo di missioni basate su nanosatelliti, il programma Alcor, Taste è una missione di tipo cubesat che studierà la luna combinando analisi da remoto con indagini in situ. Per fare ciò, Taste sfrutterà un’architettura di missione mai concepita prima d’ora, composta da un cubesat orbiter in grado di rilasciare un piccolo lander. John Robert Brucato, astrobiologo dell’Inaf di Arcetri e Pi della missione, l’ha definita «la prima missione spaziale in grado di “assaggiare” il suolo di un corpo planetario».
Il viaggio interplanetario di Taste inizierà a bordo di una “missione shuttle” che la porterà nei pressi di Marte. Da qui un sistema di propulsione permetterà all’orbiter di inserirsi in due distinte orbite della luna: un’orbita larga dalla quale – utilizzando gli strumenti a bordo, tra cui lo spettrometro gamma e X sviluppato dall’Inaf – individuerà il sito di atterraggio migliore per il lander; e un’orbita stretta da cui verrà rilasciato il lander che trasporta.
Con l’atterraggio del lander su Deimos avrà inizio la fase delle indagini in situ. Le analisi saranno condotte grazie a un laboratorio miniaturizzato, composto da un sistema di acquisizione dei campioni (Sam) ideato dal Politecnico di Milano, partner della missione, e da un laboratorio di analisi delle superfici (Sal) sviluppato dall’Inaf, che esaminerà il contenuto di sostanze organiche del suolo. A breve il progetto entrerà nel vivo con la fase di design preliminare (fase B), che includerà anche test in ambiente simulato. Taste indagherà l’evoluzione iniziale del Sistema solare in termini di consegna di sostanze volatili e organiche ai pianeti terrestri. Per vederla in azione dovremo però aspettare ancora qualche anno: in caso di finalizzazione positiva della fase B il suo lancio potrebbe avvenire a partire dal 2028.