(di Antonella Vallenari e Michele Trabucchi)
Al lavoro dal 2013, Gaia ha rilasciato da poco nuovi incredibili dati. A ogni release compiamo un passo in più nel percorso di conoscenza della nostra galassia, e il suo incarico non è ancora finito. Quali sorprese avrà in serbo per noi il satellite dell’Agenzia spaziale europea?
Gaia è un satellite dell’Agenzia spaziale europea che ha lo scopo primario di studiare la formazione della nostra galassia. Lanciato alla fine del 2013, ha raccolto e pubblicato posizioni, moti propri e parallassi di 1,8 miliardi di oggetti celesti (stelle, galassie, quasar) più brillanti di G=20,7. Ogni giorno, Gaia osserva circa 70 milioni di oggetti analizzati da circa 450 astronomi in sei centri di super-computing sparsi in tutta Europa.
Gaia costituisce un balzo gigantesco per l’astrofisica. La sua colossale survey ha infatti censito circa l’1% di tutte le popolazioni stellari della galassia, portando il concetto di mappa a un livello superiore. Gaia permette di posizionare le stelle in tre dimensioni nello spazio, e nelle velocità. Inoltre le informazioni sull’età e sulla composizione chimica permettono di ottenere una mappa multidimensionale. Le sue scoperte stanno rivoluzionando la nostra conoscenza della Galassia e delle sue stelle. I moti in 3D delle stelle hanno rivelato molti dettagli sul processo di formazione della Via Lattea, permettendo di ricostruire l’albero genealogico della nostra galassia, identificando i molti fenomeni di accrescimento nei quali piccole galassie sono state fagocitate dalla nostra. Esopianeti che orbitano intorno ad altre stelle sono stati identificati grazie alle minuscole oscillazioni della loro stella, fornendo candidati per lo studio dell’esobiologia. Sono state scoperte nuove categorie di buchi neri che non dovrebbero esistere secondo i modelli.
La nostra comprensione dei processi che avvengono all’interno delle stelle deve confrontarsi con i nuovi vincoli imposti dai dati di Gaia. Dati recenti hanno rivelato pulsazioni non radiali, che possiamo pensare come terremoti in stelle in cui questi non erano previsti. Attraverso le osservazioni dei quasar, Gaia ha determinato l’accelerazione del Sole rispetto all’universo lontano in 7,33 ±0,51 km/s/milione di anni, che corrisponde a un moto microscopico di 5 micro secondi d’arco/anno.
Ogni nuova pubblicazione dei dati di Gaia porta con sé scoperte significative. Nata per esplorare le stelle, oggi ci sta fornendo una visione davvero unica dell’universo e degli oggetti che lo popolano. Questo è vero in particolare per nella sua ultima pubblicazione di dati, la Focused product release, che ha avuto luogo il 10 ottobre 2023. Questa data release include cinque cataloghi di dati: nuove informazioni sulle stelle del centro dell’ammasso stellare Omega nella costellazione del Centauro; le variazioni di velocità radiale delle stelle variabili a lungo periodo; le misure di bande spettrali tipiche di molecole che sono presenti nel gas interstellare (bande interstellari diffuse); un impressionante catalogo di lenti gravitazionali. A questi va aggiunta l’astrometria di circa 157.000 asteroidi del sistema solare e 31 loro satelliti, basata su 66 mesi di osservazioni. Le loro orbite sono 50 volte più precise delle misure esistenti. Vediamoli ora in dettaglio.
Omega del Centauro
Di solito Gaia non trasmette a terra immagini di grandi dimensioni, ma piccole finestre intorno a ogni stella, che viene identificata da uno strumento chiamato Sky Mapper e poi seguita sul piano focale. Questa procedura limita la quantità di dati trasmessi ed è quindi molto utile, ma si è rivelata non molto soddisfacente per osservare le stelle più deboli nelle zone più dense di stelle, in particolare quando la densità supera il milione di stelle in un grado quadrato. Una tale densità è tipica degli ammassi globulari, gruppi di stelle che sono tra i più antichi della nostra galassia e che sono importanti perché ci rivelano le condizioni iniziali al tempo della formazione della Via Lattea. Il team di Gaia ha identificato nove regioni particolarmente interessanti da studiare con una procedura speciale, ossia trasmettendo a terra grandi immagini bidimensionali prese dallo Sky Mapper.
Questo strumento è pensato per l’identificazione iniziale delle stelle e per il monitoraggio degli strumenti, e non ci si aspettava di poterlo usare per scopi scientifici. Questa procedura, invece, ha permesso di pubblicare nella Focused Product Release posizioni, parallassi, moti propri e fotometria di circa 500mila nuove stelle in una di queste regioni, il centro dell’ammasso stellare Omega del Centauro. Questi dati sono ottenuti da più di 2mila immagini a una risoluzione paragonabile a quella del telescopio spaziale Hubble. La regione coperta da queste osservazioni è di circa 2 gradi di diametro, e supera di gran lunga in estensione la regione osservata da Hubble. Questi dati ci permettono di fare una mappa dal centro fino alle regioni più esterne di questo ammasso per svelarne la natura. Infatti le sue proprietà ci lasciano credere che si tratti della parte centrale di una galassia molto piccola, fagocitata dalla nostra in tempi remoti. Le altre regioni che includono altri ammassi stellari, il centro galattico e le Nubi di Magellano, verranno pubblicate alla fine del 2025 nella quarta data release.
Variabili a lungo periodo
Il satellite Gaia ha monitorato costantemente il cielo dal 2014, osservando miliardi di stelle e misurando molteplici volte le proprietà di ciascuna stella, permettendo quindi di studiarne la variazione nel corso del tempo. Ciò è cruciale per studiare le stelle variabili periodiche, la cui luminosità cambia in maniera regolare nel tempo. Tra le diverse classi di stelle variabili osservate da Gaia ci sono quelle a lungo periodo (note come Lpv, long-period variables). Esse rappresentano le fasi evolutive finali di stelle con massa iniziale simile al Sole o qualche volta più grande che si sono espanse in giganti rosse molto luminose, diventando anche stelle pulsanti. I loro strati più esterni si espandono e contraggono ciclicamente, con un periodo che va da qualche settimana a vari mesi o addirittura anni. Proprio a causa del loro lungo periodo richiedono lunghe osservazioni e sono poco studiate.
Gaia ha costruito un catalogo di oltre 2 milioni di Lpv. Queste stelle sono particolarmente importanti nell’ecosistema della Galassia perché perdono massa, contribuendo alla formazione del mezzo interstellare e alla successiva formazione stellare. Gaia, tramite lo spettrofotometro di bordo, può misurare lo spostamento Doppler delle righe nello spettro delle stelle osservate e misurarne la velocità radiale, cioè il moto lungo la linea immaginaria che collega l’osservatore alla sorgente luminosa. Questo metodo è stato usato per calcolare la velocità con cui le stelle si avvicinano o si allontanano da noi, e per caratterizzare il loro moto intorno al centro della Galassia, ma permette anche di studiare il modo di espansione e contrazione di una stella pulsante quale una Lpv, misurando la velocità con la quale gli strati superficiali della stella si avvicinano o si allontanano da noi. Il team di Gaia ha selezionato un campione di stelle di alta qualità dal catalogo di Lpv e ha studiato le loro misure di velocità radiale ottenute nel corso degli ultimi anni, ottenendo il più grande catalogo finora prodotto. È emerso che nel campione coesistono tre diversi gruppi di stelle, che differiscono per l’intensità delle loro variazioni di luce e velocità. Alcune sono Lpv “regolari”, la cui variazione di velocità radiale è dovuta a fasi di espansione e contrazione. Durante questo ciclo, gli strati dell’atmosfera possono raggiungere velocità da qualche km/s fino a 10 km/s, accuratamente misurate da Gaia. Nel campione però sono anche state individuate stelle la cui variazione di velocità radiale suggerisce che si tratti di stelle di forma ellissoidale, perché la loro superficie è distorta dall’attrazione gravitazionale di una stella compagna molto vicina. Vediamo anche stelle la cui variazione potrebbe essere dovuta a un grosso pianeta circondato da nubi di polvere, in grado di eclissare la stella stessa a ogni orbita. Si tratta solo di un “assaggio” dei dati attesi da Gaia nei prossimi anni, che renderanno disponibili le informazioni sulla variabilità di velocità radiale per milioni di stelle variabili.
Bande interstellari diffuse
Gaia ci permette anche uno studio del mezzo interstellare, tramite il più esteso catalogo di bande interstellari diffuse. Queste sono righe di assorbimento larghe e relativamente deboli dovute alla polvere interstellare. Benché siano state scoperte agli inizi del Novecento, la loro natura è ancora misteriosa e non è chiaro quali siano le molecole che le producono. Probabilmente si tratta di composti complessi del carbonio. Due di queste bande sono state osservate in circa sei milioni di spettri stellari dallo spettrografo a bordo di Gaia. È stato così possibile costruire la più grande mappa della distribuzione di queste bande, raggiungendo una distanza di circa 4 Kpc, e tracciando il braccio a spirale esterno e il braccio dello Scudo-Centauro. Sono anche state individuate, nella bolla locale, la zona di gas caldo a bassa densità nella quale si sta muovendo il nostro Sole. Prima di Gaia, le bande diffuse interstellari erano note solo all’interno di qualche centinaio di pc. Conoscere meglio la provenienza di questo segnale ci aiuterà a studiare i complessi e articolati processi fisici e chimici attivi in tutta la nostra galassia e a comprendere meglio il mezzo interstellare.
Lenti gravitazionali
Gaia non è stata progettata per studi di cosmologia, ma per indagare gli oggetti più vicini. Tuttavia riesce a vedere anche le profondità l’universo lontano, alla ricerca di oggetti come le lenti gravitazionali, che contengono informazioni su alcune delle più grandi domande sul cosmo. Il fenomeno della lente gravitazionale si verifica quando l’immagine di un oggetto lontano viene deformato da una sorgente massiccia come una galassia, che si trova tra noi e l’oggetto osservato. Questa massa intermedia agisce come una gigantesca lente d’ingrandimento, in grado di amplificare la luminosità della luce e di proiettare sul cielo immagini multiple della sorgente lontana. Queste rare configurazioni sono affascinanti e rivestono un immenso valore scientifico, poiché svelano indizi inediti sui primissimi giorni dell’universo. Le lenti gravitazionali sono fondamentali per avere una determinazione indipendente della costante di Hubble Ho che ci fornisce la velocità di espansione dell’universo, ma sono anche importanti per lo studio della materia oscura e dell’energia oscura. Finora erano state scoperte solo poche lenti gravitazionali. Infatti si tratta di oggetti rari e deboli, in cui le immagini multiple sono spesso molto vicine. Per trovarle, sono necessari studi fatti su tutto il cielo e ad alta risoluzione: sono quindi difficilmente rilevabili con telescopi da terra. Al contrario, Gaia è perfetto per questo studio. La sua risoluzione è pari a quella del telescopio Hubble e, dato che osserva l’intero cielo, ha potuto studiare le regioni intorno a circa quattro milioni di quasar utilizzando metodi di intelligenza artificiale. Questo studio ha portato alla scoperta di 382 potenziali lenti. Si tratta del più grande catalogo omogeneo di potenziali lenti gravitazionali mai pubblicato: una vera miniera d’oro per i cosmologi. Questi dati potranno essere utilizzati anche per orientare gli studi della missione Euclid.
Presto il viaggio di Gaia arriverà al termine. Le osservazioni continueranno fino al 2025, quando l’esaurimento del propellente per il sistema di micro-propulsione non permetterà di mantenere il controllo nello spin e nell’attitudine del satellite. A quel punto, Gaia avrà raggiunto la fine della sua missione e avrà raccolto circa dieci anni di dati. Tuttavia ci vorranno ancora ancora cinque anni per finire di analizzare tutti i dati. L’ultima data release di Gaia sarà nel 2030: ci aspettano ancora grandi sorprese.